In ferie senza permesso, licenziato. Il giudice: «Ci fu giusta causa»

Il lavoratore, autista per una ditta che consegna la posta, aveva impugnato il provvedimento. Prima di assentarsi per tornare nel Paese d’origine per motivi di famiglia aveva trovato un sostituto
Udine 11 febbraio 2012.Omicidio in un appartamento. Un adonna residente in via Val Meduna 2 accoltella il compagno..Telefoto Copyright Foto PFP / Ferraro Simone
Udine 11 febbraio 2012.Omicidio in un appartamento. Un adonna residente in via Val Meduna 2 accoltella il compagno..Telefoto Copyright Foto PFP / Ferraro Simone

UDINE. Aveva già esaurito il monte ferie e incassato un no categorico alla richiesta di autorizzazione ad assentarsi comunque dal lavoro per qualche giorno. Lui, però, non aveva desistito: acquistato il biglietto aereo e istruito un amico affinchè lo sostituisse in quel breve lasso di tempo, aveva fatto le valigie ed era partito lo stesso.

Doveva tornare in Ghana, suo Paese d’origine - aveva spiegato -, per ragioni di famiglia. Le conseguenze di quella scelta sarebbero state pesanitissime. Tempo un mese dal suo rientro, infatti, e l’uomo, un autista residente in città e alle dipendenze della ditta con sede a Martina Franca (Taranto) e uffici a Udine che si era aggiudicata l’appalto delle consegne di Poste italiane, si era ritrovato con la lettera di licenziamento in mano. Silurato in tronco.

Finito davanti al giudice del lavoro, il caso si è di recente concluso con il rigetto del ricorso promosso dal lavoratore, che aveva impugnato il provvedimento e preteso il risarcimento dei danni, e la conferma della legittimità dell’atto in quanto dettato da «giusta causa».

I racconti a confronto. Erano stati gli avvocati Mirco, Manuela e Sandra Troisi, difensori dell’autista, a ripercorrere le tappe della vicenda nella causa civile avviata nel maggio del 2011. Tra la loro versione e quella opposta dall’avvocato Paolo Persello, nominato invece dalla ditta resistente, la S.Mart’s società servizi Martina srl, il punto più controverso riguarda la risposta data dal capo reparto e diretto superiore dell’uomo.

Per i ricorrenti, sarebbe stato proprio lui a concedere all’autista una decina di giorni di ferie, subordinando però il via libera al reperimento di un sostituto. Per la srl e, soprattutto, a sentire lo stesso responsabile del servizio, quel “surplus” di ferie non sarebbe mai stato autorizzato, sia perchè non ne aveva più a disposizione, sia per la concomitante assenza di diversi altri dipendenti. Contestato anche il presunto affiancamento che l’autista avrebbe fatto all’amico prima di assentarsi.

Dalle ferie alla strada. Il patatrac risale al 7 settembre 2010: quella mattina, il ghanese non si era presentato al lavoro. Tre giorni dopo, «per far fronte al gravissimo disservizio prodotto - spiega l’avvocato Persello - la società era stata costretta ad assumere temporaneamente» l’amico. Persona peraltro non gradita ai committenti, ossia a Poste italiane, «per disservizi creati in passato».

A non coincidere sono anche le date: l’autista sostiene di avere ripreso l’attività il 16 settembre, mentre la ditta indica la conclusione delle ferie nel 19 settembre. Su una cosa, invece, non ci sono dubbi: la lettera che pone fine al rapporto di lavoro - il contratto era a tempo indeterminato - viene consegnata al diretto interessato il successivo 14 ottobre.

La sentenza. Ritenendo il licenziamento «privo di ogni giusta causa» e «sproporzionato rispetto ai fatti», i difensori ne avevano chiesto l’annullamento, oltre che il reintegro dell’autista e il risarcimento di tutte le mensilità fino ad allora maturate - sei, calcolate in 3 mila 823,92 euro lordi - e di quelle che si sarebbero eventualmente sommate. Tutto vano.

Riconosciuta «la piena legittimità del licenziamento» e ritenuto dimostrato «il carattere non giustificato del periodo di assenza dal lavoro», il giudice Giuliano Berardi ha ricordato come il lavoratore non possa scegliere arbitrariamente il periodo di godimento delle ferie, «trattandosi - si legge in sentenza - di evento da coordinare con le esigenze di un ordinato svolgimento dell’attività produttiva, la cui concessione costituisce prerogativa riconducibile al potere organizzativo del datore di lavoro».

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