In Friuli le imprese cercano oltre ottomila addetti: la metà è introvabile
Oltre agli edili mancano conduttori di impianti e addetti per commercio e servizi: tutti i dati in cinque grafici
UDINE. Le imprese del Friuli Venezia Giulia faticano a trovare quasi la metà della forza lavoro di cui hanno bisogno. Stiamo parlando di circa 4 mila persone pari al 48,9 per cento delle 8.030 assunzioni stimate dalle aziende lo scorso mese di marzo. Le aziende cercano personale qualificato da inserire non solo nell’edilizia ma anche nel commercio e nei servizi, operai specializzati e conduttori di impianti.
La domanda rilevata dal Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e rielaborata in chiave regionale dall’Osservatorio regionale sul mercato e le politiche del lavoro, evidenzia la tenuta degli occupati nonostante il quadro di crescente incertezza favorito dalla guerra in Ucraina. Ancora una volta, quindi, ad uscirne rafforzato è il disequilibrio tra domanda e offerta.
Il disequilibrio
«Fino al 2019 la percentuale del disequilibrio non superava il 30 per cento dei profili richiesti. Era un dato accettabile, nella media. Il grande cambiamento è stato favorito dalla pandemia, tant’è che questi dati vanno letti con il fenomeno delle grandi dimissioni su cui abbiamo commissionato una specifica ricerca».
Carlos Corvino, il responsabile dell’Osservatorio regionale sul mercato e le politiche del lavoro ricorda infatti che oggi il cosiddetto disequilibrio del mercato del lavoro mediamente raggiunge il 48,9 per cento, ma se entriamo nel dettaglio delle singole professioni arriva anche al 58,7 per cento. È il caso degli operai specializzati e dei dirigenti diventati davvero introvabili.
«In regione questo mismatch è legato al calo del tasso di natalità e all’invecchiamento della popolazione. «A fronte di un calo demografico del 7 per cento nella fascia d’età da 15 a 64 anni, negli under 40 la stessa percentuale raggiunge il 25 per cento: le fasce centrali e i giovani non ci sono». Detto tutto ciò, Corvino si sofferma sulla «quarta rivoluzione industriale, se ne parla dal 2015 – fa notare –, ora siamo nella fase in cui si cercano competenze nuove e non si trovano». E non si troveranno neppure nei prossimi mesi perché, avverte il responsabile dell’Osservatorio, «al momento non ci sono segnali di possibili inversioni di tendenza».
La domanda di manodopera
«Le imprese affermano di avere 8.030 posti disponibili, sono posti richiesti realmente dalle aziende» Questo fatto fa ben sperare sul futuro dell’economia: «È un dato positivo, fino allo scoppio della guerra l’economia era in decisa crescita anche perché, per fronteggiare le conseguenze della pandemia, l’Unione europea ha approvato un piano di investimenti mai visto prima». La corsa all’investimento è partita ma ora rischia di dover rallentare per effetto della guerra. Rispetto allo scorso febbraio quando la richiesta era di 7.340 unità, a marzo la domanda di manodopera è aumentata, mentre rispetto a gennaio quando le aziende prevedevano di assumere 10.260 persone è in calo.
Analogo l’andamento delle previsioni trimestrali e comunque, in entrambi i casi, la maggior parte delle assunzioni è prevista con contratti a tempo determinato. A gennaio 7.217 degli 11.974 occupati sono stati assunti a tempo determinato. Oltre al personale qualificato, specializzati e ai conduttori di impianti, in Friuli Venezia Giulia sono molto richiesti pure gli operai non qualificati e i tecnici, decisamente più bassa la domanda di dirigenti che non va oltre il 6,5 per cento. A questo punto la domanda non può che essere: «Quali le sono le motivazioni alla base della mancanza di manodopera?».
La mancanza di candidati, nel senso che i giovani non vogliono più fare certi mestieri colpisce soprattutto l’edilizia, mentre la preparazione inadeguate viene prevalentemente riscontrata nelle industrie meccaniche e del legno. L’inesperienza invece sta alla base dei dinieghi registrati nella metallurgia.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto