UDINE. «Abbiamo scritto più volte alla Regione perché siamo preoccupati per il rischio sismico delle scuole del Friuli Venezia Giulia, ma noi siamo solo degli affittuari. Gli edifici che occupiamo sono di proprietà dei Comuni e della Regione». Ecco il monito lanciato dal rappresentante del Ministero sul territorio e coordinatore dell’Ufficio scolastico regionale, Igor Giacomini. La Giunta ha già stanziato un milione e mezzo di euro per le verifiche tecniche, in modo da procedere poi con la progettazione e la richiesta di fondi a Roma.
La vicenda torna alla ribalta dopo la sentenza della Cassazione che ha stabilito che sono da chiudere a scopo di prevenzione le scuole che non rispettano in pieno gli standard di sicurezza anticrollo in caso di terremoto, anche nel caso in cui lo scostamento dai parametri sia minimo e anche se la struttura si trova in una zona a basso rischio sismico. Ad avviso della Cassazione, infatti, i terremoti non sono soggetti a «prevedibilità» e dunque i sindaci non devono opporsi al sequestro delle scuole a ipotetico rischio crollo per un «minimo scostamento dai parametri». Per questo gli ermellinì hanno accolto
nei confronti di Francesco Limatola, sindaco di Roccastrada, indagato per omissione di atti di ufficio per non aver chiuso il plesso scolastico della frazione di Ribolla nonostante ne emergesse la non idoneità sismica. Contro il sequestro della scuola primaria e secondaria, Limatola aveva fatto ricorso e il tribunale del riesame lo aveva accolto togliendo i sigilli. Per il riesame, era insussistente «un pericolo concreto ed attuale di crollo».
L’ordinanza rilevava inoltre che «in applicazione del cosiddetto indicatore del rischio di collasso previsto dalle norme tecniche per le costruzionì emanate con decreto il 14 gennaio 2008», dall’accertamento redatto nel certificato di idoneità statica «il rischio sismico era risultato pari a 0,985 registrando in tal modo una inadeguatezza minima rispetto ai vigenti parametri costruttivi antisismici soddisfatti al raggiungimento del valore 1». La Procura di Grosseto ha protestato in Cassazione sostenendo che la scuola deve essere “off limits” perché il pericolo per l’incolumità pubblica «nella non prevedibilità dei terremoti, doveva intendersi insito nella violazione della normativa di settore, indipendentemente dall’esistenza di un pericolo in concreto». Secondo il pm, «nessun rilievo avrebbe pertanto potuto attribuirsi alla circostanza che l’edificio insistesse su un territorio classificato a bassa sismicità o che l’inadeguatezza dell’immobile rispetto ai parametri costruttivi antisismici fosse minima».
Dando ragione al pm toscano, la Suprema Corte, con la sentenza 190, sottolinea che «nel carattere non prevedibile dei terremoti, la regola tecnica di edificazione è ispirata alla finalità di contenimento del rischio di verificazione dell’evento». Per questo, «l’inosservanza della regola tecnica di edificazione proporzionata al rischio sismico di zona, anche ove quest’ultimo si attesti su percentuali basse di verificabilità, integra pur sempre la violazione di una norma di aggravamento del pericolo e come tale va indagata e rileva ai fini dell’applicabilità del sequestro preventivo». Ora il tribunale del riesame deve rimeditare il via libera al dissequestro.
In Fvg sette scuole su dieci (fonte Legambiente), più di una su due, sono state costruite prima del 1975. Il 34 per cento prima del 1960. Gli edifici più antichi si trovano a Trieste, seguita da Gorizia, Pordenone e Udine praticamente appaiate. Per entrambe i grossi interventi edilizi sul patrimonio scolastico seguirono il terremoto del 1976.
Per il Friuli Venezia Giulia esiste già un monitoraggio del rischio sismico, «ma è un documento molto teorico, non è possibile capire quali sono le criticità semplicemente leggendo il progetto, servono delle prove tecniche – è la critica dell’assessore competente Mariagrazia Santoro –. Per cui abbiamo stanziato circa un milione e mezzo a favore delle indagini e ciascun Comune può chiedere fino a 50 mila euro. In questa fase stiamo ricevendo le richieste delle amministrazioni, poi procederemo con gli esami che consisteranno in indagini sismiche invasive, come, per esempio, carotaggi».
Una volta stilato il piano del rischio, i proprietari degli immobili che ospitano le scuole – Comuni e Regione – potranno iniziare la progettazione e quindi chiedere i fondi a livello centrale. «Dalla nostra parte - continua l’assessore Santoro - c’è la buona reputazione che ci siamo costruiti in questi anni che, soltanto nelle ultime settimane del 2017, ha portato in regione 60 milioni di euro. «Quei fondi corrispondono al 15 per cento delle risorse nazionali messe a disposizione – ha sottolineato Santoro –. Di solito al nostro territorio era assegnata una quota pari al 2 per cento, l’incremento è dovuto proprio alle garanzie di progettazione esecutiva e realizzazione degli interventi garantite in questi anni. Lo Stato si fida di noi perché abbiamo rovesciato la mentalità: se prima si faceva una stima dei costi e poi in fase di progettazione arrivavano le sorprese, ora facciamo prima il progetto, chiedendo i fondi su quella base. In questo modo abbiamo garantito l’affidabilità del sistema regionale. Ora però serve continuità».
In Friuli Venezia Giulia ci sono le scuole più vecchie d’Italia. A certificarlo è l’indagine Ecosistema scuola di Legambiente: in regione il 72,9 per cento degli istituti è stato costruito prima del 1975, contro una media nazionale del 63,6. Edifici vecchi in cui la verifica della vulnerabilità sismica è stata eseguita in appena un terzo dei casi. Stando all’indagine di Legambiente, il 31,6 per cento delle scuole ha bisogno di manutenzione urgente, vale a dire circa 60 dei 183 edifici presenti in Friuli Venezia Giulia. Mentre nel 37,7 per cento dei casi sono stati realizzati interventi negli ultimi cinque anni. Interventi che hanno visto una media di spesa a edificio superiore a quella nazionale, sia per quanto concerne la manutenzione straordinaria sia per l’ordinaria.
Gorizia, a livello nazionale, è la seconda città capoluogo per capacità media di spesa a edificio in manutenzione straordinaria. Pordenone rientra tra le città che hanno beneficiato di maggiori finanziamenti regionali per l’edilizia scolastica (presa in considerazione sempre la media a edificio). Ecosistema scuola evidenzia anche il ruolo di Udine, Pordenone, Gorizia e Trieste che, oltre a una buona capacità di investire fondi propri e accedere a finanziamenti per manutenzione, puntano anche su una maggiore attenzione al problema delle indagini diagnostiche dei solai.
Rispetto alla media nazionale sono il 50,5 per cento delle scuole a essere state oggetto di controlli contro il 22,3 a livello Paese. Ma gli interventi di messa in sicurezza hanno riguardato il 4,2 per cento dei casi. I dati sulle certificazioni sono superiori alla media per agibilità, certificazione igienico sanitaria, impianti elettrici a norma e requisiti di accessibilità, si fermano al di sotto – invece – per il collaudo statico, la prevenzione incendi, la presenza di scale di sicurezza e di porte antipanico. Virando dalla sicurezza all’efficienza e al risparmio energetico, Legambiente rileva che il 22 per cento degli edifici utilizza impianti di energia rinnovabile. Nel 90,9 per cento dei casi si tratta di fotovoltaico, per il 9,1 di solare termico.
Negli edifici dove sono presenti fonti rinnovabili queste coprono il 60 per centi dei consumi. Nervo scoperto la presenza di amianto, gli ecologisti infatti invocano monitoraggi più accurati, considerato che i casi sospetti (6 per cento) superano quelli certificati (3,3 per cento). Le azioni di bonifica hanno riguardato l’1,1 per cento dei casi. Tutti i Comuni hanno dichiarato a Legambiente di aver effettuato il monitoraggio del radon, rilevandone casi certificati di presenza nell’1,6 per cento e casi sospetti nella stessa percentuale, tuttavia non risultano effettuate azioni di bonifica. Il maggior fattore di rischio ambientale outdoor è costituito dalla presenza del 25,3 per cento di edifici in prossimità di antenne cellulari.
Le opere avviate #ItaliaSicura e scuole innovative
- Gemona del Friuli
Scuola dell'infanzia Andrea Pittini - #ScuoleNuove
- Flaibano
Scuola primaria Bevilacqua - Sblocco patto dei Comuni (2013)
- Palazzolo dello Stella
Scuola secondaria di I grado "Cavour" - Sblocco patto dei Comuni (2016)
- Remanzacco
Scuola primaria De Amicis - Sblocco patto dei Comuni (2015)
- San Pietro al Natisone
Scuola secondaria di I grado (bilingue) - Mutui Bei (2015)
- Talmassons
Istituto comprensivo - Sblocco patto dei Comuni (2015)
- Polcenigo
Scuola primaria e scondaria di I grado Vittorino da Feltre - #ScuoleNuove
- Prata di Pordenone
Polo scolastico Renato Serra - #ScuoleNuove e Sblocco patto dei Comuni
- Azzano Decimo
Scuola primaria di I grado Luzzati - Sblocca scuole (2016)
- Polcenigo
Istituto comprensivo - ampliamento - Mutui Bei (2015)
- Ronchi dei Legionari
Scuola dell'infanzia via dei Campi - Sblocca Scuole (2016)
- Cervignano
Secondaria di II grado Isis Bassa Friulana, scuola innovativa - 3,2 milioni di euro
- Savogna d'Isonzo
Scuola dell'infanzia, scuola innovativa - 1,4 milioni di euro
Lavori per quasi 100 milioni cantierati lo scorso anno
Sono tredici le scuole del Fvg che hanno beneficiato in questi ultimi tre anni dei fondi messi a disposizione dal Governo per il patrimonio edilizio e hanno già saputo far fruttare i fondi. Ma l’elenco è ben più lungo se comprende anche tutti gli istituti indicati come destinatari degli stanziamenti. Basti pensare che nell’ultimo mese Roma ha assegnato alla Regione quasi 80 milioni per opere cantierabili.
Due delle strutture rimesse a nuovo con il piano #ItaliaSicura rientrano nell’elenco delle scuole innovative italiane. Si tratta della Secondaria di II grado Isis Bassa Friulana di Cervignano del Friuli, in provincia di Udine, alla quale sono stati affidati 3,2 milioni e la scuola dell’infanzia di Savogna d’Isonzo (Gorizia), che ha ricevuto 1,4 milioni. Ci sono poi tutti i finanziamenti che rientrano nelle varie linee messe a disposizione dal Governo. Gemona (Udine), Prata di Pordenone e Polcenigo (Pordenone) hanno guadagnato una scuola nuova rispettivamente con l’infanzia Andrea Pittini, il polo scolastico Renato Serra e la primaria e secondaria di I grado Vittorino da Feltre.
Lo sblocco del patto con i Comuni ha aiutato, in provincia di Udine, Flaibano (scuola primaria Bevilacqua), Palazzolo dello Stella (scuola secondaria di I grado “Cavour”), Remanzacco (scuola primaria De Amicis), Talmassons (Istituto comprensivo). I mutui Bei invece sono andati a favore della secondaria di I grado di San Pietro al Natisone (Udine) e al comprensivo di Polcenigo (Pordenone). Infine, lo sblocca scuole ha consentito di aprire i cantieri ad Azzano Decimo (Pordenone), alla scuola secondaria di I grado Luzzati e a Ronchi dei Legionari (Gorizia) Scuola dell’infanzia via dei Campi.
Un intervento necessario per le scuole regionali. Basti pensare che il patrimonio scolastico del Friuli Venezia Giulia conta 982 edifici di cui 623 in zona sismica 1 e 2. Il 71 per cento delle scuole ha lo scuolabus (Udine 78 per cento, Pordenone 84, Gorizia 68 e Trieste 26), l’86 per cento non ha barriere architettoniche. La riduzione dei consumi energetici è già realtà per il 61 per cento degli istituti (Udine 56 per cento, Pordenone 66, Gorizia 65 e Trieste 71). Ma è la vetustà il nemico peggiore delle scuole regionali.
Di recente il Miur ha stanziato quasi 80 milioni per il Fvg. E sono 49 i comuni che beneficeranno dei 59,7 milioni destinati al miglioramento sismico o alla ricostruzione degli edifici. Fra i capoluoghi di provincia, a Udine vanno poco più di due milioni di euro, destinati alle scuole elementari Alberti (975 mila euro) e Zorutti (1,1 milioni). A Pordenone un milione e mezzo per la primaria Gabelli, a Trieste 6 milioni per le secondarie di primo grado Caprin e Fonda Savio (3 milioni ciascuno), mentre a Gorizia gli stanziamenti vanno tutti in provincia.
A questi si aggiungono altri 18,5 milioni destinati però alle Unioni territoriali intercomunali (Uti). Anche in quel caso il fulcro è l’adeguamento sismico. I fondi sono stati destinati all’Uti Alto Isontino, con in particolare l’istituto tecnico Max Fabiani (1,75 milioni), l’Iti Laboratori Pertini (650 mila ) e liceo Duca Degli Abruzzi (1,4 milioni). Nell’Uti Friuli centrale, l’Iti Malignani (3 milioni) e liceo Marinelli (1,7 milioni). Nell’Uti Giuliana/Julijska, l’Istituto Nautico (3 milioni), la scuola media e liceo Dante (4 milioni). Infine nell’Uti Noncello, l’istituto Iti Zanussi (3 milioni).
Formazione, fondi Ue a un ente: non c'è danno erariale
Sul piatto un maxi-risarcimento da quasi 680 mila euro, fondi europei e statali ricevuti per la formazione. Un procedimento avviato dalla Procura della Corte dei conti regionale nei confronti dell’associazione Exform di Udine e della sua legale rappresentante, Barbara Di Pascoli. Ma la sezione giurisdizionale della magistratura contabile – formata da Paolo Simeon (presidente), Giancarlo Di Lecca (consigliere) e Giulia De Franciscis (consigliere relatore) – non ha ritenuto fondata l’accusa e ha condannato la Regione a risarcire le spese legali, per 4 mila euro.
I fatti. Nel dicembre 2016 la Procura della Corte dei conti chiede il giudizio per l’associazione e per la sua legale rappresentante e punta al maxi-risarcimento di 679 mila 944,16 euro a favore della Regione per danno erariale, per aver ottenuto fondi comunitari e statali dal 2007 al 2013 da utilizzare per attività di formazione. Secondo un’indagine della Guardia di finanza di San Giorgio di Nogaro, la Exform ha ottenuto fondi, soprattutto Ue, senza averne titolo. La Gdf rileva che la Exform è stata costituita nel dicembre 2008 «da alcuni esperti in didattica scolastica già operanti nella Excol, con l’intento – è scritto nel verdetto – di creare un’organizzazione senza scopo di lucro. Ma tra le citate società intercorre ancora un legame, perché il legale rappresentante dell’associazione è coniuge di Roberto Ronutti, legale rappresentante della Excol. Ed è stata riscontrata anche coincidenza di sede tra le due organizzazioni».
La Gdf indica due violazioni. La prima è la presentazione all’Agenzia delle Entrate, nel dicembre 2009, di un modello Eas per la comunicazione dei dati a fini fiscali degli enti privati, diversi dalle società, che hanno scopo e attività commerciali. Nulla a che fare, secondo gli inquirenti, con la natura non lucrativa di un’associazione.
La seconda è la mancanza di un nucleo stabile e continuativo di personale dedicato all’organizzazione delle attività di formazione. È su quei presupposti che la Procura regionale della Corte dei conti contesta il dolo all’associazione e alla sua legale rappresentante. Di Pascoli, assistita dall’avvocato Andrea Gajardo di Udine, sostiene invece che la scelta del modello presentato al Fisco è semplicemente tecnica, ha fini tributari e nulla a che fare con la natura dell’associazione. E poi c’è un giudizio pendente, davanti al giudice amministrativo, conseguente al ricorso straordinario al Capo dello Stato presentato dalla Exform contro i decreti della Regione con i quali all’associazione sono stati revocati tutti i finanziamenti.
La sezione giurisdizionale della magistratura contabile entra quindi nel merito della causa. E ne rileva l’infondatezza. Per i magistrati l’associazione ha sempre assicurato la disponibilità di risorse umane, come stabilito e richiesto dalla Regione. Non viene nemmeno accolta la tesi di un comportamento doloso nell’aver utilizzato un modello al fisco diverso rispetto alle associazioni senza fini di lucro. I magistrati contabili rilevano che «l’associazione Exform è stata non solo costituita come ente non lucrativo, ma ha anche in concreto operato come tale». E sul modello Eas presentato al Fisco viene sottolineato che «la soluzione fiscale scelta è insidiosa e quantomeno assunta con superficialità», ma i due elementi non sono sufficienti a stabilire la violazione di legge. I magistrati contabili “assolvono” l’associazione e la sua legale rappresentante e indicano in 4 mila euro a carico della Regione la rifusione delle spese legali.