In Friuli Venezia Giulia mancano oltre 200 “prof”

Secondo i sindacati negli istituti servono altri 493 insegnanti, ma Roma non concede le cattedre

UDINE. Al sistema scolastico del Friuli Venezia Giulia servono 493 insegnanti. Ma il Ministero concede soltanto 248 assunzioni, meno della metà. Degli 11.200 “prof” accordati a livello nazionale, in regione arriva appena il 2,2%. «Una risposta minimalista da parte del Ministero», stigmatizzano i sindacati.

I posti in organico di diritto che servono a fare funzionare la macchina scolastica del Friuli Venezia Giulia sono 11.961, con 11.545 titolari. Restano 416 posti vacanti per gli insegnanti, più 57 cattedre destinate al sostegno e 20 contratti per gli educatori. Ma, come detto, da viale Trastevere arrivano soltanto 211 nomine per gli insegnanti, più 29 posti al sostegno e 8 educatori. A fare la parte del leone per le immissioni in ruolo è la provincia di Udine con 90 nuovi contratti, seguono Pordenone (80), Trieste (40) e Gorizia (38).

«Il contingente indicato dal Miur ammonta complessivamente a 11.268 immissioni delle quali 248 riguardano la nostra regione, pari al 2,20% sul totale, mentre rappresentano poco più del 40% dei posti vacanti in regione resi disponibili dai pensionamenti – rimarca Natalino Giacomini, segretario regionale dell’Flc Cgil –. È evidente che il giudizio del sindacato è assolutamente negativo, perché il contingente è insufficiente e le immissioni nei fatti rappresentano una risposta minimalista da parte del Ministero. Se a questo aggiungiamo che non si è presa in considerazione minimamente la proposta di un organico funzionale, la cui definizione porterebbe alla stabilizzazione di circa un migliaio di precari in regione a costo zero, personale strutturale al funzionamento dell’attuale assetto del sistema scolastico, ci porta a dire che l’attuale governo che tanto ha sbandierato il superamento della precarietà come priorità del suo agire politico, prosegue in tutt’altra direzione, con buona pace dell’efficienza didattica ed efficacia operativa delle scuole».

A bocciare il piano di assunzioni del governo non è soltanto la Cgil. Il fronte è comune. La Uil, con il suo segretario regionale Ugo Previti parla di «un passo avanti, ma – sottolinea – deve essere il primo di una lunga serie. Perché il piano triennale firmato dal Ministero includeva tutti i posti disponibili, invece sono meno della metà. Certo è una sicurezza per una parte dei precari storici della scuola, ma ne sono rimasti esclusi altrettanti».

«A livello regionale circa la metà delle necessità è stata immessa in ruolo – rimarca Donato La Morte, segretario della Cisl –. Il problema è che la risposta è parziale e manca tutta la parte degli Ata, quasi 3500 persone da rimettere in pista. Fra gli insegnanti di sostegno, poi, sono troppe le supplenze e le graduatorie continuano a ingrossarsi. Ora la palla ripassa al Miur perché questo è l’ultimo anno d’applicazione del piano triennale d’assunzioni e, anche se l’obiettivo dei 100mila posti promessi è vicino, non è stato centrato».

«Un piano negativo e insufficiente perché copre meno della metà dei posti disponibili – attacca il segretario regionale dello Snals, Giovanni Zanuttini –. Dovevano essere coperti tutti i posti dei precari strutturali, quelli cioè indispensabili al funzionamento delle scuole. Invece il Ministero è venuto meno ai patti».

Resta tutta aperta la questione degli assistenti, tecnici e amministrativi, i cosiddetti Ata. Perché in questo caso le immissioni in ruolo sono bloccate.

O meglio, assistenti e tecnici recuperano i posti promessi lo scorso anno, mentre la posizione degli amministrativi è completamente congelata. Tutta colpa della querelle sugli “inidonei” quegli insegnanti cioè che non possono può svolgere il proprio ruolo e che il Ministero vorrebbe riutilizzare come addetti di segretaria. «Se parliamo di personale di supporto, la porta è aperta – precisa Previti –, ma non è neanche pensabile pensare alla sostituzione del personale in quiescenza».

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