In Fvg cassa integrazione per 16 mila. Sindacati critici sulle nuove regole
UDINE. Con toni diversi, Cgil, Cisl e Uil del Fvg “bocciano” la stretta del governo sugli ammortizzatori sociali. Forte è la preoccupazione che, di fronte ad una ripresina limitata alle imprese che non genera, ancora, lavoro, si aggravi fino alla disperazione la realtà di tanti che sopravvivono proprio grazie agli ammortizzatori.
Per contro tra gli aspetti positivi previsti dai decreti attuativi del Jobs act, «l’allargamento della platea dei beneficiari - sottolinea il segretario della Cisl, Giovanni Fania -; con le norme attuali la cassa integrazione era limitata alle imprese con più di 15 addetti, in futuro viene estesa a quelle al di sopra dei 5.
L’aspetto negativo - ancora il leader della Cisl regionale - l’aver ridotto il comparto della cassa integrazione straordinaria: limitarla a 24 mesi nell’arco di 5 anni, a mio avviso, complica le cose.
Quando le aziende fanno ricorso alla cigs è perchè hanno avviato piani di ristrutturazione e riorganizzazione e oggi, visto che il mercato corre, le imprese hanno una necessità continua di rimodellarsi» e a sostegno di questi processi, possono fare ricorso agli ammortizzatori.
Plaude Fania alla decisione dell’esecutivo «di accantonare il salario minimo per legge che ci ha visto sempre molto contrari».
Infine «mentre notiamo che negli sgravi alle imprese con il Jobs act il governo ha stanziato diversi miliardi, non si sa quali risorse siano state allocate negli ammortizzatori. Attendiamo di capire, quindi, dai regolamenti che devono ancora essere definiti, e dalla finanziaria».
«Sarà un disastro» è l’esordio di Franco Belci, segretario della Cgil che ricorda come «la crisi sul fronte dell’occupazione continua e in Fvg abbiamo dati peggiori della media nazionale. Mi chiedo, dunque, quale pensiero abbiano Renzi e Poletti sulla coesione sociale del Paese, perchè qui avremo frotte di disperati».
Definisce “balla” quella della “flexicurity” di modello nordeuropeo «perchè in quei Paesi quando una persona perde la propria occupazione, viene presa in carico dallo Stato che la reinserisce nel mondo del lavoro. Se davvero si vuole prendere quello scandinavo come modello, allora bisogna realizzare anche questo aspetto che, si stima, costerebbe una ventina di miliardi.
Non sono d’accordo su questo andare avanti per pezzi, all’avventura, senza porsi il problema degli esiti sociali. Appartiene - prosegue Belci - alla logica del fare tanto per fare e consente solo a Poletti di dire che “tutto si è fatto in sei mesi”, mentre sul “come” si è fatto, nessuno si sofferma».
Belci conclude ricordando che «già si è dimezzata l’indennità di disoccupazione, e con questa riforma c’è il rischio che ci siano migliaia di persone disperate. L’impianto deve essere completato e se l’Italia mutua i modelli tedesco o svedese, questi prevedono la certezza della ricollocazione. A oggi è questo che manca e in aggiunta permane la crisi».
«La nuova cassa integrazione, con una riduzione significativa dei tempi di riferimento - è la considerazione di Giacinto Menis, segretario regionale della Uil - anche se con un ampliamento della platea, in tempi normali determinerebbe una situazione di equilibrio, ma nella fase di difficoltà permanente come quella che stiamo vivendo, rischia invece di provocare danni».
Agendo nel ridurre il ricorso alla cassa integrazione, che in Fvg è scesa «perchè quella in deroga non era stata finanziata - ancora Menis - non abbiamo curato la malattia ma tolto la medicina. La grande preoccupazione che ho è proprio questa. Tra l’altro è una misura sperimentale, come ricorda il governo, che dice pure che costerà di più. Non ho elementi per valutare l’affermazione e quindi attendiamo i risultati della “prova”. Ma le riserve e le perplessità rimangono: si rischia di togliere gli ammortizzatori sociali a persone che vivono ancora in forte difficoltà».
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