In Kosovo indicazioni stradali per Pordenone

A Djacovica i soldati in missione hanno lasciato una traccia del Friuli occidentale. «Quanta neve abbiamo spalato per mettere in sicurezza l’aeroporto», racconta il colonnello Paolo Baldasso, di San Quirino

PORDENONE. Viterbo, Lecce, Roma, Verbania, Pordenone… I soldati in missione a Djacovica, in Kosovo, lasciano qui una traccia della loro provenienza indicando la distanza che li separa da casa. E’ la curiosità di questo scalo aereo, l’unico aeroporto militare italiano all’estero, dove nelle aree verdi che dividono i compound, svettano ogni dove questi pali letteralmente coperti da frecce di legno che reclamano attenzione dal personale di passaggio.

Prima della guerra del 1999 questo era un aeroporto serbo dove atterravano gli elicotteri russi. Dopo il bombardamento della Nato e la resa della Serbia nel giugno del 1999, in meno di un anno proprio gli italiani hanno costruito accanto una pista d’atterraggio di circa un chilometro e attrezzato l’intero aeroporto, il secondo del Kosovo dopo quello di Pristina. Da quell’anno si succedono ogni sei mesi i vari contingenti in missione.

Tra i vari comandanti, Paolo Baldasso, giovane colonnello di San Quirino , top gun di F104 e istruttore di volo, lo ha diretto a cavallo tra il 2010 e il 2011, proprio durante il gelido inverno balcanico. «Quanta neve abbiamo spalato per mettere in sicurezza la pista», ricordava a chi ha avuto la fortuna di passare per questo scalo, scampolo di terra italiana tra i Balcani.

Qui c’è un ufficio meteorologico che raccoglie e diffonde a tutte le unità militari del Paese i dati relativi al tempo. Sono passati 14 anni dal conflitto, il Kosovo si è autoproclamato indipendente nel 2008, e tutti contingenti internazionali si stanno man mano riducendo. In previsione di un totale imminente ritiro, le autorità militari stanno preparando la cessione dell’aeroporto alla comunità locale. Con essa, probabilmente spariranno tutti i ricordi: l’ala del primo aereo atterrato su questa pista, il piazzale dove avviene l’alzabandiera, la piccola chiesetta dove viene pregata la Madonna di Loreto, tutti i pali dove ci sono le scritte colorate e pirografate delle città di provenienza di chi qui ha lasciato impresso – lo affermano gli abitanti locali – un modo di lavorare unico al modo, fatto con il cuore, che contraddistingue, in ogni parte del mondo dove andiamo, il Made in Italy.

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