In rovina la tomba del fondatore dell’orfanotrofio Francesco Tomadini

Dopo la tomba di D’Aronco, che versa in pessime condizioni (come il nostro giornale ha documentato pochi giorni fa) c’è un altro monumento funebre di un illustre udinese che avrebbe urgente bisogno di un restauro. In questo caso il “mecenate” sarebbe oltretutto pronto ad occuparsi del recupero, ma non può, non essendone il legittimo proprietario. Passeggiando tra i viali del cimitero di San Vito e, più precisamente, sotto le volte della parte monumentale che si affaccia su via Firenze, alla galleria 19, c’è, infatti, la tomba di un altro friulano che necessita di interventi, quella di monsignor Francesco Tomadini, le cui spoglie riposano insieme ad altri familiari e a quelle dei Lovaria.
Il manufatto funebre ricorda la figura del fondatore dell’omonimo orfanotrofio costruito nel 1856 in via Tomadini, ora collegio universitario per studenti in via Martignacco, grazie a un busto opera di Andrea Flaibani e a delle sculture presenti nell’arco superiore e a degli angeli realizzati da Vincenzo Luccardi.
La segnalazione sullo stato di abbandono arriva da don Luciano Segatto, presidente del Cda della Fondazione Tomadini. «La tomba di Francesco – spiega – avrebbe bisogno di un urgente restauro conservativo. La volta si sta scrostando e molti dei nomi scritti sul marmo quasi non si leggono più. Sarebbe davvero un peccato che chi ci passasse davanti non riconoscesse a chi è dedicata quella tomba». Una seppur minima manutenzione viene comunque effettuata dal personale dell’Istituto. «Ogni anno, in occasione delle festività dei defunti – racconta don Luciano – portiamo dei fiori e diamo una piccola pulita. Poca cosa, ma se non altro un segno di memoria e riconoscenza nei confronti del nostro fondatore. Se riuscissimo, invece, ad ottenere dagli eredi la proprietà del manufatto – continua – il nostro Istituto si è già espresso favorevolmente ad intervenire in maniera strutturale per restaurarlo. Purtroppo, però, solo i proprietari possono ovviamente operare su quella tomba ed è difficilissimo rintracciarli». E, infatti, il problema è proprio questo. L’eredità di quella tomba, che, oltre a Francesco, conserva le spoglie di diversi componenti della famiglia Tomadini e della famiglia Lovaria con la quale i Tomadini si erano imparentati, negli anni si è sempre più frastagliata ed ora, riuscire a contattare tutti gli eredi è impresa quasi impossibile.
Della questione si sta occupando anche il Comune che, grazie all’assessore competente, Alessandro Ciani, si sta facendo promotore aiutando a rintracciare tramite un erede gli altri parenti, così da riuscire a farli sedere a uno stesso tavolo e, se d’accordo, far passare la proprietà all’Istituto perché possa incaricare un progettista per il restauro. «Una quindicina d’anni fa – ricorda ancora don Segatto – ero riuscito a contattare due eredi della famiglia, uno dei quali viveva a Pavia di Udine. Purtroppo, però, pur essendosi all’epoca dimostrati favorevoli a passare la proprietà della tomba al Convitto, per una serie di ragioni ci si è dilungati e, alla fine, sono deceduti». Certo, sarebbe auspicabile che si riuscisse a intervenire al più presto per rendere omaggio a monsignor Tomadini, «un prete secolare friulano – lo descrive don Luciano – che ha prodotto non carta, ma carità» e il cui monumento funebre è stato anche inserito dal Comune nella catalogazione delle opere di architettura come “manufatto di pregio”. Magari entro il 2021, anno in cui si festeggeranno i 50 anni dal trasferimento da via Tomadini alla sede attuale in via Martignacco. –
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