In un ventennio 14 omicidi e 3 arresti
UDINE. La lunga scia di sangue che ha tinto di rosso il Friuli cominciò nel settembre 1971 e seguitò a scorrere fino al settembre di venti anni più tardi, mietendo 14 vittime. Donne che si muovevano nel mondo della prostituzione, ma non solo: fra loro c’erano casalinghe e ragazze comuni la cui unica colpa era stata quella di aver avuto incontri occasionali con alcuni uomini, l’ultimo dei quali si era rivelato fatale. Per gran parte di loro i familiari ancora attendono che sia fatta giustizia.
Solo tre di questi assassini furono arrestati. Ed è bene parlare al plurale perché, sia per l’arco di tempo considerato, sia per le modalità con cui queste donne furono uccise, è probabile che a colpire siano state mani diverse. Alcune vittime furono infatti strangolate, altre furono sgozzate, fra loro quattro corpi vennero straziati post mortem.
È con Irene Belletti, che morì nel settembre 1971 dopo essere stata colpita da una serie di fendenti che la raggiunsero in più punti, principalmente alla schiena, che tutto ebbe inizio. Nel novembre dell’anno successivo Elsa Moruzzi fu strangolata, Eugenia Tilling morì nel dicembre 1975, accoltellata alla gola, e appena nove mesi più tardi morì anche Maria Luisa Bernardo, pugnalata in varie parti del corpo. Era il settembre del ’76.
La stessa identica sorte toccò a Jaqueline Brechbullher nel settembre 1979, cinque mesi più tardi a Maria Carla Bellone che fu trovata in un lago di sangue con la gola tagliata. L’assassino, però, stavolta aveva infierito su quel corpo profanandolo con un taglio che, dall’addome, scendeva fino al pube. Quello di Wilma Ghin, maranese trovata carbonizzata nella discarica di Gradisca di Sedegliano nel marzo 1980 fu caso anomalo: si trattava di una ragazza che era scomparsa dalla sala da ballo di Mereto di Capitolo. In un primo momento venne indiziato tale un giovane pugliese, in seguito scagionato, già arrestato in precedenza per reati che riguardavano la persona e reati inerenti alla prostituzione, ma lei con quell’ambiente non aveva nulla a che fare.
Quel taglio all’addome praticato su un cadavere sgozzato, come un marchio, ricomparve nel gennaio 1983 con Luana Giamporcaro. Dopo di lei, nel maggio 1984 morì strangolata Maria Bucovaz e nel settembre dello stesso anno fu uccisa Matilde Zanette. Per quel caso venne arrestato Gianluigi Sebastianis. Quindi altre morti: quella di Stojanka Joksimovic, strangolata nel dicembre 1984, quella di Aurelia Janushewiz trovata nel marzo 1985 sgozzata e con il taglio all’addome, come del resto Marina Lepre nel febbraio 1989. L’ultima della tragica serie fu Nicla Perabò nel settembre 1991, strangolata e sotterrata. Per quell’omicidio fu arrestato Bruno Leita.
La strage è proseguita ancora con modi e tempi che esulano da questo filone. Basti citare i casi dell’albanese Ana Rukovic ritrovata nelle campagne di Bertiolo nel 1996, di Donatella Cordenons nel 2004, strangolata, spogliata e gettata nel Ledra, infine Duana Alexiu e Ilena Vecchiato, massacrate dalla balestra di Ramon Berloso, morto suicida nel 2010. (a.c.)
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