Incassi buoni per bar e ristoranti, crollo del 50% per gli stand: la pioggia ha bagnato gli affari durante l’Adunata

Chi aveva i chioschi va via con l’amaro in bocca. Non è andata meglio per gli stand che vendevano i gadget

Christian Seu

Giove Pluvio ha concesso tregue sporadiche, di poche ore e nulla più, all’Adunata appena andata in archivio. Il timido solicello che ha fatto capolino sabato è servito a far sorridere appena un po’ gli operatori - centosei in tutto - che hanno risposto al bando del Comune e deciso quindi di puntare sul fine settimana alpino in Friuli. Se i bar e i ristoranti hanno lavorato bene, offrendo un riparo alle infreddolite penne nere e ai tanti che hanno deciso di confluire su Udine, non altrettanto possono affermare gli standisti, che infatti lasciano il capoluogo friulano con un po’ di amaro in bocca. Chi di adunate alle spalle ne ha più di qualcuna racconta senza mezzi termini di incassi ridotti del 50 per cento.

Punti di ristoro
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Chi proprio sorride a fatica sono gli operatori sistemati lungo via Liruti: «La posizione non è proprio felicissima: non eravamo di passaggio», indica Daniele Crolla, che ha portato all’Adunata la sua selezione di otto birre artigianali. A poca distanza scuote la testa anche Alessandro Miglioretto, titolare dello stand “Al Ciord”: arriva da Belluno e ha servito qualche centinaio «di panini al pastin», la carne trita tipica del bellunese. «La collocazione non ha certamente aiutato, ma la vera tragedia è stata il tempo, che non ha davvero permesso alla gente di riversarsi in piazza. Peccato, perché le premesse erano ottime», allarga le braccia.

«Tantissimi alpini, anche nostri affezionati clienti, hanno rinunciato a raggiungere Udine una volta consultate le previsioni», spiega Chiara Giovannino, del Re dell’arrosticino: «Si sono visti anche pochi turisti, purtroppo: per noi questa era la quinta Adunata, ormai abbiamo una clientela fidelizzata».

Non è andata meglio per gli stand che vendevano i gadget dell’Adunata: «Il tempo è stato davvero poco clemente, rispetto alle altre esperienze abbiamo avuto meno fortuna - spiega il titolare della Marcello 55 Srl di Torino –. Gli oggetti più richiesti? In assoluto le calamite e le magliette, ma abbiamo venduto anche parecchie felpe, forse anche grazie al clima non esattamente mite». E ieri, in moltissimi stand, sono apparsi anche cerate e poncho, alleati di quanti hanno cercato di evitare a tutti i costi il ricorso all’ombrello.

È andata un po’ meglio in piazza Primo Maggio, cuore nevralgico del Villaggio alpino. Allo stand romagnolo del “Marinaio e la piè”, la titolare racconta di un «sabato molto positivo, soprattutto nel pomeriggio e la sera. Noi siamo presenti a tutte le adunate e anche qui a Udine hanno apprezzato il nostro celebre cartoccio di pesce fritto».

«Vediamo ahinoi meno alpini, forse tanti sono andati avanti dopo il Covid», analizza Franziska Splendori, che ha piazzato il suo stand di golosità altoatesine in Giardin Grande: «Udine era la città ideale per il raduno, peccato davvero per il tempo così inclemente. Sabato c’è stato un vero e proprio fiume di gente che ci ha dato la dimensione di come sarebbe andata senza le bizze del clima. Peccato», conclude la commerciante.

Facce tirate anche in viale Ungheria, dove è stato allestito il viallaggio “Le mulattiere del sapore”. Il pub Pilutti’s di Udine aveva deciso di debuttare nelle adunate, sfruttando il fattore “campo”: «Il Comune ha preso delle decisioni discutibili – spiegano dal bancone –, senza permettere la scelta del posto e costringendo ogni singolo standista a portarsi dietro il proprio generatore di corrente, con tutto quello che ne consegue in termini di rumore e odore di carburante». Domenico Totino, dalla Calabria, è un habitué dei raduni alpini: «Ne abbiamo fatti una ventina – spiega –. Purtroppo il tempo non ci ha aiutato, abbiamo perso il 40 per cento del giro d’affari».

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