Inchiesta dell'Antimafia a Lignano, Iermano si difende: "È una vicenda kafkiana"

LIGNANO SABBIADORO. Se il numero delle preferenze andate all’ex vicesindaco di Lignano Sabbiadoro, Gianni Iermano, grazie a una presunta operazione di voto di scambio, è quello indicato nella relazione della Direzione nazionale antimafia, e cioè circa 400, allora i conti non tornano proprio. E a cadere è il presupposto stesso del castello accusatoria. È la tesi sostenuta dallo stesso Iermano, che ieri, all’indomani della notizia dell’inchiesta coordinata dalla Dda di Trieste su presunte irregolarità alle elezioni amministrative del 2012, ha nominato come proprio difensore l’avvocato Luca Ponti.
«Kafkiana»: così ha definito la vicenda l’ex numero due del Comune, oggi consigliere d’opposizione di Forza Italia, che a breve chiederà di essere personalmente sentito dal procuratore distrettuale, Carlo Mastelloni. «Dalle elezioni del 2002 a quelle del 2017, Iermano ha sempre ottenuto un numero del tutto omogeneo e costante di preferenze personali – afferma il legale –, in un contesto in cui la popolazione residente, sostanzialmente invariata sino al 2013, solo da allora è in effetti aumentata. Il che, va da sè, smentisce sotto tutti i profili l’ipotesi di un anomalo incremento della popolazione nel 2012 e soltanto in vista delle elezioni».
Le indagini, condotte dagli uomini della Direzione investigativa antimafia di Trieste, avrebbero evidenziato proprio una «migrazione organizzata» tra il 2011 e il 2012, in prossimità del voto comunale, di «nuclei familiari dalla Campania a Lignano». Tutte persone che avrebbero ottenuto così, a pochi mesi dall’appuntamento con le urne, sia la residenza, sia il diritto a esprimere la propria preferenza. Con vantaggio esclusivo – in tesi accusatoria – dell’allora vicesindaco, che la relazione non cita mai con nome e cognome, ma di cui non esita a sottolineare le origini campane.
Ed è sempre dalla Dna che si desume come, proprio in forza del «consenso popolare raggiunto», Iermano aveva chiesto e ottenuto la presidenza della Commissione edilizia di Lignano «deputata alle concessioni per nuove costruzioni, ma soprattutto alle proposte di stesura e variazione del Piano regolatore urbanistico». Un riferimento non meno «fuori luogo», secondo l’avvocato Ponti, visto che il ruolo in Giunta del proprio assistito «è dipeso da un fatto del tutto casuale: l’uscita dall’Esecutivo di un assessore che al tempo era stato personalmente coinvolto in una vicenda giudiziaria (la tangentopoli veneto-friulana legata alla realizzazione del villaggio turistico della Stefanel, a Lignano, ndr) e che quindi si era personalmente dimesso».
Un evento «imprevedibile e imponderabile», ribadisce il legale, insistendo sull’assenza di conferme rispetto all’ipotesi prospettata dagli investigatori e sulla «totale estraneità» di Iermano. A cominciare proprio dai riscontri aritmetici. «I suoi voti personali, nel 2012 – ricorda Ponti –, erano stati 153, un numero di gran lunga inferiore ai 400 trasferiti dalla Campania e in assenza di anomali andamenti della popolazione residente».
Eppure, a dire del consigliere nazionale della Dna, Giovanni Russo, che ha curato la parte relativa al distretto di Trieste, quello scoperto a Lignano è stato «qualcosa che sfugge ai consueti dettami del voto di scambio», diventando «una vera e propria falsificazione del dato elettorale» e «un attentato ai diritti costituzionali dei cittadini di Lignano, almeno di quelli autoctoni».
Nella vicenda risulterebbe coinvolto anche Giorgio Vizzon, all’epoca comandante della Polizia municipale, oltre che già sindaco di San Michele al Tagliamento e attuale consigliere di minoranza. Sarebbe stato lui a «mobilitarsi, per accelerare le pratiche dei richiedenti la residenza». Il condizionale, comunque, è d’obbligo: nessuno dei due ha ancora ricevuto formale avviso di garanzia.
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