Inchiesta sui falsi prosciutti, il pm chiede condanne per tutti

UDINE. «Il marchio Dop c’era, ma si trattava di falsi San Daniele. Prosciutti infarciti di nitrati». La Procura di Udine ha confermato in toto l’impianto accusatorio che, sei anni fa, aveva preso corpo con le perquisizioni alla “Marini salumi srl” e la montagna di intercettazioni seguite ai sequestri.
Tutti colpevoli, secondo il pm Andrea Gondolo, che, nel tirare le conclusioni davanti al giudice del tribunale di Udine, Roberto Pecile, ha chiesto condanne sia per i titolari della ditta di via Monte Festa, a San Daniele, e per i loro presunti complici di Parma, sia per i due ispettori dell’Istituto Nord Est Qualità accusati di non avere vigilato sulla corrispondenza tra il prodotto originale e quello trasformato.
La pena più alta, 2 anni e 9 mesi di reclusione, è quella proposta per Sisto Marini, 59 anni, presidente dell’azienda.
A seguire i 2 anni e 6 mesi l’uno per Leonardo Marini, 84, e Antonella Marini, 51, nei rispettivi ruoli di ex vicepresidente e di amministratore di fatto: a tutti è contestato il concorso in ricettazione, contraffazione, frode nell’esercizio del commercio aggravata, truffa e appropriazione indebita.
È a loro che ignari produttori inviavano le cosce, affinchè fossero trasformate in mattonelle o disossate, ed è da loro che ripartivano, per essere consegnate a un’altra ditta addetta all’affettamento. Per la Procura, una volta incamerati, i prosciutti venivano sostituiti con pezzi di provenienza nazionale o straniera.
A quel punto, gli originali sarebbero scomparsi dai circuiti legali, mentre i loro cloni sarebbero stati marchiati con timbri a fuoco falsi e restituiti ai produttori nelle consuete confezioni per la vendita al dettaglio.
Gli investigatori - le indagini sono state condotte dall’Icqrf, la Guardia di finanza di Udine e i carabinieri del Nac di Parma - ne hanno riconosciuto una parte nei banchi frigo di supermercati campani e un’altra in provincia di Parma.
Qui, grazie alla mediazione di Riccardo Anselmi, 73 anni, di Viadana (Mantova), la Marini avrebbe inviato numerosi pezzi alla “Varsi sapori srl”, gestita da Emanuele Coppellotti, 46, di Varano de’ Melegari (Parma), e di cui Monica Fiori, 47, pure di Varano, era la procuratrice speciale.
Il pm ha chiesto per ciascuno di loro 2 anni e 2 mesi. Per la presunte frode nell’esercizio del commercio contestata anche ai dipendenti dell’Ineq, la pena proposta è di un anno per Elena Presello, 47 anni, e 8 mesi per Claudio Querini, 53, entrambi di San Daniele. Sanzione pecuniaria di 300 quote, con revoca delle autorizzazioni o licenze, infine, per la ditta Marini.
Pesanti anche le richieste avanzate dagli avvocati di parte civile, che hanno calcolato risarcimenti per una somma complessiva di circa mezzo milione di euro.
L’avvocato Roberto Mete, legale dell’Ineq, ha insistito per la condanna dei Marini, prospettando «l’insussistenza di responsabilità dolosa in capo ai due ispettori».
A costituirsi sono stati anche il Consorzio prosciutti San Daniele, (avvocato Luca Zanfagnini), il Consorzio prosciutti di Parma, (Massimo Piazza), “Testa & Molinaro” (Emanuele Urso) e “Selva Alimenti” (Mario Bonati).
La maratona è proseguita con le prime arringhe dei difensori. L’avvocato Filippo Capomacchia, che assiste i Marini, ha osservato come l’accusa di contraffazione poggi soltanto su ipotesi formulate sulla scorta delle intercettazioni.
«Non sono emersi prosciutti con i timbri ritrovati durante le perquisizioni», ha detto. Quanto alla frode, la difesa ha contestato le modalità con cui sono state svolte le analisi.
«In un laboratorio di Catania – ha ricordato – che non è accreditato per le analisi sui nitrati. Non esistono prove, ma solo l’indizio di tracce di nitrati riscontrati in meno di una manciata di campioni». La discussione si concluderà venerdì prossimo, mentre il 30 marzo ci si ritroverà per le repliche.
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