Inchiesta sulla Banca di Cividale, tutti a processo

Gli ex vertici dell’istituto e alcuni imprenditori sono stati rinviati a giudizio. Udienza al via dal 7 luglio
Cividale 15 marzo 2014.Inaugurazione Banca di Cividale..Copyright Foto Petrussi / Ferraro Simone
Cividale 15 marzo 2014.Inaugurazione Banca di Cividale..Copyright Foto Petrussi / Ferraro Simone

UDINE. Tutti a processo. È in quella sede, nel corso dell’istruttoria dibattimentale al via dal prossimo 7 luglio, che i giudici del tribunale collegiale di Udine stabiliranno se, tra il 2004 e il 2010, alla Banca di Cividale spa sia esistito un sistema di scambi di reciproche utilità tra gli allora vertici dell’istituto di credito e una ristretta cerchia di loro amici imprenditori.

A poco più di due anni dall’avvio dell’inchiesta giudiziaria che ha ipotizzato un danno complessivo alla banca di oltre 21 milioni di euro e che è stata all’origine dell’uscita di scena, uno dopo l’altro, dei signori del vecchio management, il procedimento ha dunque superato la soglia dell’udienza preliminare.

Il rinvio a giudizio è stato disposto nei confronti dell’ex presidente Lorenzo Pelizzo, dell’ex direttore generale Luciano Di Bernardo, dell’ex vice direttore generale Gianni Cibin e degli imprenditori Franco Pirelli Marti, Gianni Moro e Daniele Lago, oltre che della Banca di Cividale spa e della Banca popolare di Cividale, chiamate in causa in virtù della legge sulla responsabilità amministrativa delle società. Invariate le ipotesi di reato contestate, a vario titolo, dalla Procura, e che vanno dall’estorsione o, in alternativa, la corruzione tra privati, alla violazione del Testo unico bancario e all’induzione a dichiarare il falso.

Il decreto è stato emesso dal gup di Udine, Matteo Carlisi, al termine di un’ora di Camera di consiglio. Secondo il giudice, «gli argomenti sottoposti dalle difese non sono di tale pregnanza e decisività, da consentire di addivenire a una sentenza di non luogo a procedere». In quest’ottica, è stata ritenuta preliminare la questione relativa alla prescrizione dei fatti di reato commessi prima del 2008, trattandosi peraltro di imputazioni riferite non all’accusa più grave dell’estorsione, che resta comunque una delle due alternative qualificazioni del medesimo episodio.

Condotte dalla Guardia di finanza, sotto il coordinamento del procuratore facente funzioni, Raffaele Tito, le indagini avevano interessato, tra l’altro, due ville di Lignano Sabbiadoro di Di Bernardo, l’agriturismo di Cladrecis, nelle Valli del Natisone, di proprietà della moglie di Pelizzo, una tangente di 100 mila euro versata da Moro a Cibin, l’acquisto della “Neb Gestioni”, una srl indebitata fino al collo, e il mega appalto per i lavori della nuova sede del Gruppo, a Cividale. A mettere in moto la bufera giudiziaria erano state le “soffiate” di Pirelli Marti al pm, durante la custodia cautelare in carcere disposta nei suoi confronti per una serie di bancarotte, e ulteriori successive rivelazioni dell’immobiliarista veneto, Gianni Moro.

Con il medesimo provvedimento, il gup ha rigettato le eccezioni che le difese avevano sollevato nel corso della discussione. In particolare, in merito alla supposta incompetenza funzionale del magistrato che aveva svolto le funzioni di giudice per le indagini preliminari, in quanto correntista e azionista della banca, Carlisi ha rispolverato il caso della frode fiscale per l’acquisto di diritti televisivi da parte di Mediaset, partecipata da diversi magistrati di Milano potenzialmente a loro volta danneggiati dal reato, per evidenziare come, in quella come nella presente vicenda, nessuno degli interessati abbia «assunto la qualità di persona offesa», non avendo presentato alcuna denuncia che denoti un effettivo coinvolgimento nella vicenda. Respinta anche la questione che ipotizzava il difetto della querela presentata dal notaio Pierluigi Comelli e che il gup ha valutato corretta sia perchè a firma di un socio dichiaratosi parte offesa, sia in quanto completa nei suoi requisiti formali.

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