Infermiere aggredite, paura sulle ambulanze all'ospedale di Udine

Molti casi di pazienti violenti: ora c’è almeno un uomo nell’equipaggio. L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali ha inserito l’argomento tra le priorità e l’Ordine dei medici di Udine ha deciso di promuovere, per il 29 giugno, nella sede di via Diaz 30, un corso dal titolo “Aggressioni sul posto di lavoro: come riconoscerle per prevenirle”

UDINE. Sono in prima linea nelle situazioni di emergenza, intervengono per aiutare i pazienti e contribuiscono a salvare loro la vita o a farli stare meglio, ma sempre più spesso la loro incolumità è messa a repentaglio. Oltre ai medici, anche gli infermieri sono vittime di aggressioni sul posto di lavoro.

Non soltanto a Napoli, dove l’altro giorno un infermiere del 118 è stato preso a testate (sette punti di sutura) con il casco da un parente del paziente di cui si stava occupando, ma anche in città e provincia.

La situazione udinese è certamente più tranquilla di quella partenopea, ma non per questo gli addetti ai lavori dormono sonni tranquilli. Soprattutto gli equipaggi del 118, chi presta servizio in pronto soccorso, al centro di salute mentale o gli infermieri degli ambulatori territoriali (che spesso lavorano da soli).

Sono loro che, più di altri, subiscono – a detta del Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche – attacchi verbali e aggressioni fisiche. Tanto che l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali ha inserito l’argomento tra le priorità e l’Ordine dei medici di Udine ha deciso di promuovere, per il 29 giugno, nella sede di via Diaz 30, un corso dal titolo “Aggressioni sul posto di lavoro: come riconoscerle per prevenirle”.

E lo stesso ha fatto il Nursind, organizzando dall’inizio dell’anno già due corsi per prevenire questi episodi e promuovere l’autodifesa personale.

Lo stesso sindacato delle professioni infermieristiche ha promosso un’indagine interna alla quale hanno risposto in 364: «In quell’occasione – sottolinea il segretario provinciale Afrim Caslli – è stata per esempio segnalata una crescita del 24% delle aggressioni verbali nei primi cinque mesi del 2018».

Il Nursind, in più occasioni, si era rivolto alla precedente giunta regionale «per chiedere una maggior tutela sanitaria, ma non c’erano state risposte in tal senso». In compenso, invece, «l’Azienda sanitaria universitaria integrata di Udine ha riferito che promuoverà dei corsi di aggiornamento e di difesa per il personale».

Ad essere interessata maggiormente dal fenomeno delle aggressioni è la componente femminile del personale sanitario (per il 70%), dato che comunque va ponderato in considerazione della composizione di genere del personale infermieristico nel suo complesso, per la maggioranza “in rosa”.

Questo è uno dei motivi che ha portato a una riorganizzazione della formazione dell’equipaggio in servizio nelle ambulanze (un autista, una persona che ha frequentato il corso di primo soccorso e un infermiere): ora si cerca di mettere due uomini e una donna. O, almeno, un uomo. Non sono mancati, in città e provincia, casi anche di una certa gravità.

Da quello di Tarcento, del febbraio scorso, che ha visto un paziente scagliarsi contro medico e infermieri, a quello di Cividale, dove il personale sanitario è stato aggredito in ambulanza. E andando indietro nel tempo, in zona stazione, una operatrice è stata colpita con un pugno al volto da un paziente psichiatrico, altro personale è stato picchiato in ambulanza da utenti in difficoltà a Palmanova come a Udine. Senza contare le persone che se la prendono con gli infermieri in pronto soccorso, magari seccati dalle lunghe attese.

«Dobbiamo ringraziare le forze dell’ordine – chiarisce Caslli – che intervengono subito, ma deve esserci un collegamento diretto tra loro e il personale sanitario».

Il tema sarà affrontato anche con l’Azienda, alla quale il Nursind ha chiesto un incontro per individuare una strategia a tutela del personale. «Siamo preoccupati – conclude il segretario provinciale –, dobbiamo far comprendere agli utenti che gli infermieri vogliono solo essere d’aiuto, non sono responsabili delle attese o dei ritardi».

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