Infermieri, fuga verso Austria e Svizzera
UDINE. È fuga verso l’Austria, la Germania, la Svizzera. Molti giovani infermieri friulani hanno già imboccato la via del Nord, altri lo stanno facendo. Ospedali, cliniche e perfino case di riposo del centro Europa li accolgono a braccia aperte, perché, a fronte di una specializzazione che in Italia comprende un percorso universitario e alti standard di preparazione, c’è una disponibilità a lavorare senza grosse pretese e con capacità di adattamento.
A parlarne è il segretario regionale di Uil-Fpt, Luciano Bressan: «I dati relativi a febbraio riferiscono che il 20-25% dei nostri infermieri non ha occupazione. Basta dare un’occhiata alla corsa ai bandi per il reclutamento sul territorio, attraverso i quali a contendersi una trentina di posti di lavoro ci sono oltre quattro migliaia di infermieri» osserva.
L’alternativa è il precariato. E perfino per chi il posto fisso lo ha trovato, quindi ha una sicurezza, la situazione non è proprio eccellente. «Siamo chiamati a fare i doppi turni al mattino e alla sera di una stessa giornata – incalza il vicesegretario del Nursind Udine, Afrim Caslli –. Abbiamo in media tra le 80 e le 120 ore di straordinario a testa, per non parlare delle festività da recuperare e, nonostante ciò, gli stipendi a fine carriera, ovvero dopo 35 anni di servizio, non vanno oltre i 1.700 euro per professionisti laureati che devono sopportare carichi di lavoro notevoli».
Non sorprende quindi l’esodo di infermieri in altri Paesi europei, dove non solo le possibilità di inserimento sono maggiori, ma il quadro economico è ben diverso.
«Basta andare in Austria per avere condizioni più soddisfacenti: un infermiere neoassunto percepisce 1900 euro al mese, tanto per cominciare - garantisce Caslli – in Germania reclutano i neolaureati italiani attraverso un corso intensivo di lingua tedesca, poi li mettono al lavoro».
E questo in barba ai nostri atenei che, per anni, preparano professionisti destinati a dare valore aggiunto alla sanità di altri Paesi. «Con il parziale blocco delle assunzioni – osserva Bressan – la situazione è paradossale perché, a fronte di un’estrema necessità di personale o di un aumento delle specialità da parte delle aziende ospedaliere o territoriali, gli organici sono stati ancorati al 31 dicembre 2010 e se i bilanci sono in disavanzo, come spesso accade nelle aziende ospedaliere, scatta perfino il blocco del turn over».(a.c.)
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