Inneggiano allo stupro, parla un avvocato: «Non liquidiamola come una ragazzata e insegniamo il rispetto»

Pina Rifiorati presiede le Pari opportunità degli avvocati. L’invito a tenere alta la guardia e puntare sulla prevenzione

UDINE. Incredula e sconfortata. Perché dopo anni di battaglie civili e di campagne per la formazione e l’educazione della società, una cosa del genere ha l’effetto di resettare qualsiasi progresso. La stoltezza di un gruppetto di ragazzini, peraltro neppure così giovani, che avanza a testa bassa e colpisce alla cieca. Nel buio di ogni logica.

Pina Rifiorati, avvocata di diritto di famiglia e presidente del Comitato pari opportunità dell’Ordine degli avvocati di Udine, ce la mette tutta per spiegarselo. «Ma proprio non capisco cosa possa portare un ventenne a concepire così un rapporto con una ragazza», dice.



Avvocata, è successo veramente: l’apologia dello stupro in una discoteca friulana. Con tanto di posto riservato. Come dobbiamo interpretarlo?

«In un momento come quello attuale, in cui tutte le forze della società civile sono impegnate a combattere le violenze e le discriminazioni di genere, trovo questo episodio scandaloso. Tanto più, in quanto avvenuto in una discoteca, che è un luogo di aggregazione. Spiace che i titolari, nella loro funzione di adulti di riferimento, non abbiano ritenuto d’intervenire.

E spiace anche dover ammettere che con le giovani generazioni c’è ancora tanto lavoro da fare. Basti pensare a quel che è avvenuto soltanto qualche giorno fa a Perugia, dove un diciannovenne ha stuprato una quindicenne. Certo, non bisogna mai generalizzare e neppure criminalizzare una parte della società, che voglio sperare essere una minoranza, ma qui stiamo tornando spaventosamente indietro».

Slogan che esaltano lo stupro, parlano i protagonisti: «Abbiamo sbagliato, chiediamo scusa»


Eppure, tra manifestazioni e iniziative normative, ultima in ordine di tempo la legge denominata “Codice rosso”, l’attenzione sembra essere alta. Cos’è che non funziona?

«Il legislatore ha puntato molto sull’inasprimento delle pene e su una maggiore garanzia di tutela alle donne. Ma bisogna insistere di più anche sulla prevenzione. Il trattato più completo e avanzato in materia è la Convenzione di Istanbul del 2013, che l’Italia ha recepito nel 2014, ma che è ancora poco conosciuta.

Per realizzare il salto di qualità, comunque, oltre alla buona volontà servono i finanziamenti. Solo così si può pensare di progettare una formazione adeguata, che insegni la cultura del rispetto già dagli asili e che preveda interventi mirati alle scuole superiori».

In Commissione giustizia in questi giorni si sta discutendo la riforma della legge Mancino sui crimini d’odio.

«Sì, è un passaggio doveroso, perché sarà estesa alla discriminazione omofoba e a quella sessista. Sui social la categoria più colpita dalle hate speech è quella delle donne e ad attaccarle non sono soltanto i ragazzini, ma anche non pochi rappresentanti delle istituzioni. Ecco, sono i modelli educativi di riferimento che zoppicano e che, con il loro esempio, compromettono la crescita dei nostri giovani».

E torniamo così all’episodio di Lignano. Lei, che per professione si occupa spesso di dissidi familiari, cosa consiglia ai genitori?

«Di tenere alta la guardia e non liquidare queste cose come fossero ragazzate. Bisogna richiamare i nostri figli sulla gravità delle loro azioni».

E come madre, invece, cosa direbbe a sua figlia per spiegarle il disvalore di quanto successo?

«Beh, in realtà alle mie figlie non è servito dire niente. È stata la più grande a raccontarmi questa storia, a mostrarmi foto e commenti sui social e a darmi la risposta più adeguata».

Quale?

«Mi ha detto di avere trovato sconvolgente la superficialità e la leggerezza con cui certi ragazzi ridicolizzano lo stupro. Neppure lei riesce a spiegarsi come se ne possa ridere e pensa che chiamare così un tavolo in discoteca nasconda una considerazione della donna, e delle ragazze in generale, veramente retrograda e triste. Punta dell’iceberg di un’ignoranza senza limiti». —

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