Insegnante precario, una vita in camper

Cervignano, da 7 anni lavora in Friuli in attesa della cattedra definitiva, dall’autunno scorso ha deciso di non pagare affitti

CERVIGNANO. Un vecchio camper Ford del 1981 di 2.400 centimetri cubi di cilindrata, motore diesel aspirato, 6 posti letto ben distribuiti, velocità massima di circa 70 chilometri orari («ma in autostrada non l’ho mai lanciato e secondo me può arrivare anche a 90 all’ora»), costi di bollo e assicurazione quasi irrisori, riscaldamento garantito, batteria che si autoalimenta con un pannello solare. Un camper nato, anzi, diventato, per ospitare: stanziale, poco avvezzo alle avventure itineranti. Insomma, una vera e propria casa.

Per viverci. Ma soprattutto per garantirsi una dignitosa sopravvivenza da precario, senza spese di affitto, senza l’assillo di mangiarsi lo stipendio per pagarsi 40 metri quadrati.

G.D. fa l’insegnate. Lavora in tre istituti della Bassa. Insegnante precario come troppi, costretto a vivere di speranza e non di futuro, come tanti. È arrivato in Friuli dalla Sicilia nel 2006. Era già sposato con due figli. Aveva vinto una cattedra da precario. Poteva scegliere il Friuli o Bolzano.

«Faccio 3-4 anni da precario – si era detto – e poi...». E poi niente. È ancora un abilitato precario. Fa parte di una graduatoria, un’appartenenza diabolica da cui dipende la sua vita. Ogni anno di insegnamento incamera 12 punti per la scalata all’Eden del posto fisso. Ogni settembre si presenta all’ex Provveditorato che oggi si chiama Usp e sulla base della rivisitata graduatoria gli viene assegnata la supplenza annuale fino a giungo. Poi ricomincia da capo.

Già, vita da precario. E chissà fino a quando. In questi anni ha insegnato dalla Carnia al mare, passando per la zona Collinare e le Valli. Nel 2009 ha fatto Bingo: una cattedra da 4 ore settimanali per circa 400 euro al mese. Meno male che alcuni amici gli hanno “prestato” la casa. «Così – commenta – ho dovuto provvedere soltanto alle spese vive»..

Chiede l’anonimato perché non vuole né benefici, né problemi. «Un anno fa – racconta – i genitori di una mia alunna mi hanno proposto l’acquisto del loro vecchio camper. Praticamente un regalo. Sarò loro grato per sempre. C’ho pensato su e adesso è la mia casa a costo irrisorio. Ho tutto quello che mi serve, riscaldamento compreso. La tv no, perché preferisco la radio. Non bevo, non fumo e sono di poche pretese e spese. Una volta la settimana vado in lavanderia per il bucato. E 5-6 volte l’anno, scendo a trovare la mai famiglia. Mi organizzo per tempo con voli low cost. E aspetto tempi migliori. Non mi lamento, semplicemente non mi faccio impaurire. E so di essere in buona compagnia.

Nei giorni scorsi G.D. ha fatto stampare tre adesivi da incollare sulla sua “casa”. Sul primo c’è scritto “Adotta un precario”, «un messaggio – precisa – . che vuole restituire alla categoria la dignità che merita». La seconda è “Arca Alice nel Paese del precariato”, dove Alice sta a significare il nome dell’alunna i cui genitori gli hanno venduto il camper. E la terza, che pare la più gettonata, è “Freccia precaria”, in omaggio ai nuovi treni ad alta velocità. «Il camper dove vivo dallo scorso autunno – dice ancora sorridendo – è la migliore applicazione della flessibilità. Ed è anche una risposta al clima di incertezza e di paura che stanno seminando nel mondo del lavoro. Insomma, io mi sono attrezzato come fossi uno scaut e penso di essere in grado di affrontare qualsiasi sfida. Non sono un eroe, ma un uomo di questi tempi. Precario».

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