Invasi dalle cimici: gli studiosi puntano sugli “insetti killer”

L’Università ha individuato parassiti che ne mangiano le uova. Con temperature inferiori ai 10 gradi saranno quasi inattive

UDINE. Sono arrivate a milioni, tappezzando i muri delle case alla ricerca di un ricovero in cui svernare. È così che molti hanno scoperto l’invasione delle cimici asiatiche. In realtà erano nelle campagne friulane già da tempo, tant’è che gli agricoltori e i proprietari dei frutteti avevano già pagato lo scotto della loro presenza in termini di produzioni decimate.

Al momento si sono dimostrate particolarmente resistenti ai trattamenti e la loro espansione pare inarrestabile. A fermarle però potrebbero essere alcuni insetti parassitoidi autoctoni che gli studiosi stanno monitorando.

A tratteggiare le proporzioni di un fenomeno per nulla sconosciuto agli esperti, è il professor Pietro Zandigiacomo, entomologo dell’Università di Udine.

«La cimice asiatica è arrivata in Friuli qualche anno fa, si tratta di una specie alloctona giunta dall’Oriente attraverso i trasporti di merci o passeggeri» ammette il professor Zandigiacomo. Proveniente da Cina, Giappone, Taiwan e Corea seguendo le rotte commerciali, al riparo tra imballaggi di cartone e contenitori di legno è stata segnalata per la prima volta in Europa nel 2007, nel 2010 ha raggiunto gli Stati Uniti e nel 2012 è sbarcata in Italia.

Da allora è iniziata la sua espansione in Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Trentino e quindi in Friuli Venezia Giulia.

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«Hanno una buona capacità di adattamento al clima ed essendo una specie polifaga, stanno provocando notevoli danni alle colture agricole e orticole come pure ai frutteti» aggiunge Zandigiacomo. Infestano infatti una vasta gamma di frutti e ortaggi tra cui pesco, melo, fagiolino, ciliegio, lampone e pero. Non disdegnano il mais e la soia, come del resto le erbe spontanee e alcune specie che crescono nei giardini, come l’acero.

«Nel nostro ambiente purtroppo non hanno nemici naturali specifici, nè è possibile importare gli insetti parassitoidi alloctoni che vivono nelle loro zone d’origine in quanto c’è una normativa europea che ne vieta l’introduzione» ammette l’entomologo. Difficile anche eliminarle con agli antiparassitari utilizzati nell’agricoltura che non sembrano sufficienti a debellare gli insetti. Eppure qualche nota positiva c’è. «Possiamo contare sui primi avvistamenti di alcuni nemici naturali autoctoni che sembra possano mangiare le uova deposte da queste cimici, potrebbe essere una soluzione naturale per arginare la presenza di questi insetti il cui ciclo vitale si estende fino a un anno e mezzo».

Sul nostro territorio, infatti, sono diffuse quasi cento diverse specie di cimice, la più nota è quella verde, molto simile alla cimice asiatica, spiega il docente, le altre sono meno visibili. Ma esistono insetti parassitoidi autoctoni che si nutrono delle uova delle cimici e che sono oggetto di osservazione da parte degli studiosi perchè dimostrano di adattarsi anche alla specie asiatica. Potrebbe essere questa la risposta.

«A parte i danni alle coltivazioni, sono innocue – è la sintesi del docente – non mordono, non pungono e non producono allergie, possono dare fastidio in quanto, se molestate, emanano un cattivo odore. La loro massiccia presenza non dipende dall’andamento climatico in quanto possono resistere anche a temperature inferiori allo zero, ma proprio dalla mancanza di antagonisti naturali».

Da maggio a giungo la femmina adulta depone le uova che dalla schiusa diventeranno individui adulti mediante cinque stadi di sviluppo.

Gli adulti sono presenti nelle coltivazioni da luglio a settembre. In autunno si avvicinano alle case per trovare riparo durante l’inverno. Nascoste sotto le cortecce di alberi, arbusti, sotto le pietre o tra la vegetazione disseccata, nelle legnaie, nelle rimesse o nei complessi agricoli, trascorrono l’inverno. «Possono entrare anche in casa, ma in un ambiente caldo e umido non sopravvivono a lungo – osserva Zandigiacomo – i disagi alla popolazione comunque dovrebbero finire presto in quanto al di sotto dei 10 gradi hanno un’attività limitatissima».

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