Iorio: le azioni legali boomerang per i soci di BpVi

UDINE. «Ricapitalizzazione fino a un miliardo e mezzo di euro, trasformazione in Società per azioni e quotazione in Borsa. E’ una strada dura, difficile, stretta e sconnessa ma non ce n’è un’altra: l’alternativa è il burrone».
Quelle di Francesco Iorio, 47 anni, consigliere delegato e direttore generale di Banca Popolare di Vicenza, sono parole tagliate con l’accetta, che non lasciano spazi a fraintendimenti o illusioni. Riavere, per i soci, 62 o 48 euro ad azione, il prezzo di acquisto, sarà un miraggio.
Ma con un eventuale (e tutti lo scongiurano) commissariamento, per chi ha il gruzzolo in Pop Vicenza, potrebbe andare anche peggio.
Dottor Iorio, rimettere nei giusti binari BpVi è ancora una scommessa o una possibilità concreta?
«Non è mai stata una scommessa, ma una sfida, quella sì. Altrimenti non ci avrei investito la mia carriera professionale. Nessuno mi ha obbligato ad assumere questo incarico. Sono consapevole delle difficoltà, ma la banca può e deve avere un futuro».
C’è molta attesa per il bilancio 2015. Qualche anticipazione per rassicurare la clientela?
«Gli aspetti patrimoniali non cambieranno significativamente. Non posso darle anticipazioni sui numeri».
Il prezzo fissato per un eventuale recesso dei soci e la “forchetta” per la futura quotazione?
«La cifra per il recesso non è ancora all’ordine del giorno. Il prezzo per la quotazione la farà il mercato, al momento giusto».
C’è preoccupazione per le sofferenze. A quanto ammontano?
«Nel primo semestre del 2015 c’è stato un adeguamento delle coperture, che è continuato nel secondo».
I depositi dei clienti sono calati sia in Veneto che in Friuli, i dati delle filiali sono lì a certificarlo.
«Questa riduzione, che si è manifestata con una fase acuta subito dopo il fallimento delle quattro banche (Etruria, CariFerrara, CariChieti e Marche, ndr) comporta la ripercussione negativa di fare meno credito al territorio e nel contempo diminuisce il valore della banca stessa. Invece è necessario continuare ad avere fiducia. Chi ha un conto corrente da noi deve stare tranquillo: il bail-in per conti anche superiori a 100 mila euro è un’ipotesi estremamente remota per tutto il sistema bancario italiano. Pesa ancora una campagna mediatica di parziale inesattezza tecnica delle situazioni. Ed è stato scorretto associare la nostra banca ai casi di Etruria e delle altre».
Quanto “distante” è Popolare di Vicenza dalle famose quattro banche salvate dal Governo?
«E’ una distanza abissale. Noi saremo tra gli istituti più patrimonializzati d’Italia. E due terzi dell’aumento di capitale da 1,5 miliardi è riconducibile a un filtro prudenziale richiesto dalla Bce».
Adesso di mezzo ci sono pure le inchieste della magistratura sulla “vecchia” BpVi, con accuse pesanti. E la minaccia, da parte di associazioni di consumatori, di centinaia di cause. Preoccupato?
«Rispetto le azioni giuridiche, ma credo siano un approccio sbagliato. Più la gente andrà dagli avvocati, più ci sarà incertezza, più l’azione varrà di meno. Se la banca ha commesso errori ne prenderà comunque atto dal punto di vista giuridico».
Purtroppo c’è chi ha visto andare in fumo patrimoni robusti o i risparmi di una vita...
«C’è una presa d’atto da fare: o si è concordi sul punto di ripartenza, oppure si va al commissariamento e non avremo nulla. Non si può pensare di ripartire da prima di tutto quello che è accaduto. Non potremo ridare a nessuno 62 o 48 euro per azione, non è fattibile. L’unica consapevolezza che i risparmiatori dovrebbero avere è che la banca ha un futuro da costruire. Qui un problema c’è stato, vuoi per colpa del mercato o per colpa di scelte non adeguate, ma oggi c’è un conto da pagare. Il valore della banca è stato distrutto e questo valore si recupera solo con il tempo. Non vedo altre ipotesi».
L’assemblea del 5 marzo sarà la chiave di volta per il futuro di BpVi.
«Mi auguro che prevalga il senso di responsabilità. Dobbiamo portare a casa un miliardo e mezzo e creare il prezzo di mercato per l’azione che andrà in Borsa. Dopo l’assemblea bisognerà ripartire e lavorare con e per il territorio, con Veneto e Friuli. La banca ha soci, dipendenti e clienti: il valore è dato dalla sommatoria di queste tre cose, non da chi siede nel Cda».
Se l’assemblea di BpVi finisse come quella di Veneto Banca, dove la stragrande maggioranza dei soci ha dato il via libera alla quotazione in Borsa, sarebbe contento?
«Sarebbe sicuramente un bel segnale. Un indice di affezione alla banca da parte di soci e clienti. Sì ci metterei la firma».
I soldi della ricapitalizzazione dovrete cercarli in un tessuto economico che è ancora in recupero dopo la crisi.
«Il desiderio è che il 100 per cento della base sociale acquisti le azioni, realisticamente credo che se avessimo una buona adesione tra il 40 e il 50 per cento, sarebbe una cosa positiva».
La Bce negli ultimi mesi ha messo “pressione” alla vostra banca. Come sono i rapporti con Francoforte?
«Ottimi e costruiti sulla base dei fatti. C’è un aspetto che mi preme sottolineare: ci siamo sempre fatti validare quello che abbiamo proposto, in qualche modo abbiamo “anticipato” le richieste della Bce».
Il ministro Padoan sta “trattando” in sede Ue possibili provvedimenti per il nostro sistema. Che ne pensa?
«Premesso che non sono ancora chiari i meccanismi della Bad Bank, ritengo sia un piccolo passo avanti, ma non decisivo. Servirebbe qualcosa che liberasse davvero i bilanci dalle sofferenze, senza essere giudicato aiuto di Stato».
Lei è al timone di BpVi da circa 8 mesi. Che voto si darebbe?
«Per impegno e intensità un 9, come riuscita per adesso zero, ma aspettiamo l’aumento di capitale e la quotazione. Mi auguro di arrivare a un bel 10 per la banca, il territorio e per l’Italia».
E ai vecchi dirigenti, di cui si fa un gran parlare, che voto darebbe?
«Sono sempre stati collaborativi condividendo le decisioni che ho preso».
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