Ipotesi romana per il direttore generale
TRIESTE. La Regione Friuli Venezia Giulia riavrà un direttore generale, percepirà al massimo 180 mila euro lordi l’anno e potrebbe arrivare dalla Corte dei Conti di Roma. Lo ha deciso il consiglio regionale approvando, ieri sera, con i voti della maggioranza e l’astensione delle opposizioni, la legge di riorganizzazione dell’ente.
Torna, dunque, a palazzo la figura di supporto del presidente della Regione e di coordinatore dei direttori centrali voluta da Riccardo Illy (che l’affidò ad Andrea Viero) ed eliminata da Renzo Tondo (che peraltro oggi ammette che sarebbe stata utile), ma non è questa l’unica novità del piano di riorganizzazione che taglia i vicedirettori da 13 a 4 – e con essi gli stipendi che si riducono fino a 50 mila euro l’anno – e accorpa due direzioni: agricoltura e attività produttive. «Un piano – spiega l’assessore alla Funziona pubblica, Paolo Panontin – che garantisce risparmi per 576 milioni, compreso il compenso del direttore generale».
«Abbiamo voluto il prima possibile questa riforma – ha spiegato il relatore di maggioranza Renzo Liva (Pd) – per adottare ulteriori azioni che comporteranno la riorganizzazione della macchina regionale e dei suoi enti». A Riccardo Riccardi (Pdl), relatore di minoranza, il compito delle osservazioni: «Chi ha vinto le elezioni ha il diritto e il dovere di organizzarsi come crede, ma questo testo non parla di una riorganizzazione complessiva, mentre così avrebbe dovuto essere. Parliamo del nuovo capo della struttura operativa della Regione, ecco perché non mi piace vedere solo un pezzo della riforma.
Sono d’accordo, come principio, sulla necessità di un direttore generale attraverso il quale il presidente della Regione governa il sistema; egli ha una posizione diretta con il presidente e sovra-ordinata rispetto ai direttori centrali. Ma allora - ha chiesto Riccardi - quale sarà il mestiere che faranno gli assessori? Altro punto di domanda, il rapporto tra il direttore generale e il segretario generale, anche guardando all’iter attuale delle delibere di un assessore affinché si possano portare all’attenzione della Giunta. Un vulnus, poi, è nei requisiti che deve avere il direttore generale: nella legge non se ne parla. E ancora: il trattamento economico del direttore generale supererà quello del presidente della Regione» che fino al giorno prima, con la legge sui costi della politica sembrava essere il tetto.
«I tempi rapidi che avete permesso per l’iter di questa norma - ha puntualizzato Paolo Panontin - danno modo alla giunta di ristrutturare la macchina regionale secondo un’azione che non si ferma, ovviamente, con questo provvedimento, ma ne prende il via dopo aver già ravvisato la necessità di modificare le deleghe degli assessori. Il coordinamento in capo al direttore generale permetterà di non proseguire con quanto accade oggi, dove si lavora a compartimenti stagni. Il nuovo regolamento – presentato in bozza ieri sera stessa alla giunta (qui a fianco una slide)– sarà discusso con le organizzazioni sindacali, poi tornerà in giunta e in commissione consiliare, infine l’approvazione definitiva per riuscire a partire con la macchina modificata già a settembre. Il direttore generale dovrà avere gli stessi requisiti per poter fare il direttore centrale. L’iter di approvazione delle delibere non muterà, salvo il passaggio direttore centrale, direttore generale, assessore. Il compenso - ha concluso Panontin - è definito soltanto quale possibilità, ed è espresso nella sua cifra massima di 180.000 euro lordi più gli emolumenti.
A questo punto manca soltanto il nome del nuovo direttore generale. L’ultima voce parte da Roma, dalla Corte dei Conti, dove la presidente Debora Serracchiani starebbe trattando.
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