La battaglia degli operatori sanitari in prima linea contro il Covid: non siamo eroi, vogliamo i premi

Sindacati e ordini professionali: Non basta una pacca sulla spalla, la Regione paghi gli incentivi a chi lavora nei reparti coronavirus

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UDINE. Si sono consumati le suole delle scarpe nei reparti Covid, senza guardare l’orologio, senza permettersi un brivido di paura. Molti si sono ammalati, qualcuno ha perso la vita. Sono stati salutati da eroi ma a distanza di mesi dall’esplosione della pandemia al plauso, in molti casi, non è seguita la promessa indennità. Se in Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Umbria, le Regioni hanno già “staccato l’assegno”, pesante fino a 1.000 euro, in Friuli Venezia Giulia del riconoscimento economico non c’è ancora traccia.

Non sul cedolino degli operatori socio sanitari, degli infermieri, dei medici, dei barellerei dei tecnici di laboratorio e radiologia e in generale di tutti coloro che per mesi sono stati impegnati sul fronte Covid, tanto meno sulla carta di un accordo sindacale, perché una sintesi tra Regione e parti sociali sull’indennità ancora non c’è. Mancanza che mercoledì ha spinto le segreterie regionali di Fp Cisl, Fp Cgil e Uil Fp ad interpellare nuovamente il vicepresidente Riccardo Riccardi perché la questione indennità torni subito in cima alla sua agenda.

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«Siamo al secondo sollecito – dichiara Massimo Bevilacqua, segretario generale regionale della Funzione pubblica di Cisl –. Eravamo rimasti d’accordo, ormai più di un mese fa, che l’assessore avrebbe coinvolto le aziende sanitarie per parlare di numeri, per capire insomma di quale platea di lavoratori stiamo parlando, e che poi ci avrebbe mandato una bozza». In mancanza di una proposta avanzata da mamma Regione, l’ipotesi sul tavolo l’hanno messa i sindacalisti, che anzitutto chiedono di utilizzare una parte di risorse aggiuntive regionali (Rar), 7,3 milioni come ipotizzato a suo tempo dall’assessore Riccardi, e pretendono poi che a queste si aggiunga una parte delle nuove risorse arrivate dallo Stato con i decreti Cura Italia e Rilancio.

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«Parliamo di 10-12 milioni di euro circa – fa sapere Bevilacqua – che vanno utilizzati per remunerare coloro che in vario modo si sono trovati in prima linea nell’emergenza, a diretto contatto con i pazienti Covid. Non possiamo accontentarci – continua il sindacalista – di trovare un busta paga le stesse risorse ante pandemia». Su circa 10 mila infermieri al lavoro tra strutture sanitarie pubbliche e private regionali, la stima degli ordini professionali è che oltre la metà sia stata impegnata nell’emergenza. Cinquemila e più persone alle quali Bevilacqua aggiunge una lunga lista di altre professioni che nelle interminabili settimane della pandemia, quando il bollettino era ancora nero, causa l’escalation di contagi e decessi, lavoravano al fronte. Barellieri, fisioterapisti, tecnici di radiologia e laboratorio, infettivologi, medici di terapia intensiva, operatori socio sanitari.

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«La lista è lunga e non vogliamo dimenticare nessuno – tiene a precisare il segretario regionale di Fp Cisl –. Per questo all’assessore abbiamo chiesto numeri. Le aziende sanitarie a questo punto avrebbero dovuto fornire i dati che servono per arrivare a un accordo, abbiamo le risorse aggiuntive dello Stato. Insomma non ci sono più scuse». Il rappresentante della Cisl ricorda infine l’alto prezzo pagato dal personale sanitario alla pandemia. Anche in Fvg. «Abbiamo avuto 350 persone positive al virus nelle strutture pubbliche e altrettante in quelle private. Ricordiamo che all’inizio hanno lavorato senza dispositivi di sicurezza, senza guardare l’orologio, facendo tutto il possibile e anche di più. A queste persone non basta una pacca sulla spalla – conclude –. E’ giusto che gli sia riconosciuta, come promesso, l’indennità».

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Dopo averli salutati come eroi, il rischio è che oggi gli infermieri siano presto dimenticati, che alle parole non seguano i fatti, che la ricompensa per gli sforzi fisici e psicologici che l’emergenza ha richiesto loro non arrivi. «Se così fosse, per la professione sarebbe una sberla – afferma dal canto suo Stefano Giglio, presidente dell’Ordine professionale degli infermieri (Opi) –. Ricordo che molti di loro per fare il proprio dovere si sono ammalati, che alcuni sono morti per dare il massimo possibile, un grazie gli è dovuto. E non basta una pacca sulla spalla. Ci vuole un segnale importante da parte dello Stato e della Regione per dimostrare alla categoria la riconoscenza di tutti».

«Ci aspettiamo che le promesse vengano mantenute - dice dal canto suo il presidente di Opi Pordenone, Luciano Clarizia –. La Regione i dati li ha, i fondi non saranno tanti ma ci sono, si dia risposta a chi in questa pandemia ha dato l’anima».

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