La chimica delle lacrime dai pezzi di un automa

«Quando ho pensato questa storia, lo scoglio piú difficile da superare è stato il fatto che i due protagonisti da me immaginati vivevano in epoche diverse. E quindi non potevano fare sesso». Strappa subito un sorriso incuriosito alla platea l’australiano Peter Carey, autore di best-seller vincitore di due prestigiosi “Booker prize”, che a Pordenonelegge ha presentato La chimica delle lacrime (Bompiani).
Intervistato dal critico letterario Masolino D’amico, Carey ha raccontato la genesi del suo romanzo: due vicende parallele, ambientate una nel passato, una nel presente, il cui unico punto di contatto è rappresentato da un’anatra meccanica realizzata nell’Ottocento che la protagonista femminile deve ricostruire per conto di un museo. Sarà proprio questo oggetto, visto dall’autore come metaforica imitazione della vita, a unire i due sconosciuti lontani nel tempo e nello spazio.
«La ricostruzione – spiega Carey – non è un mero esperimento meccanico: Katherine è una donna che ha perso il suo amore, e non può condividere con nessuno la sua sofferenza in quanto amante segreta di un uomo sposato. Nella faticosa impresa di rimettere assieme i pezzi dell’automa, prova a ricomporre i cocci della sua vita distrutta».
Una curiosità: nel libro non manca un omaggio alla cultura italiana, di cui l’autore australiano si è dimostrato buon conoscitore creando un comprimario della storia fortemente ispirato alla figura dell’artista cinquecentesco fiorentino Benvenuto Cellini.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto