La difesa dell’imprenditore: «Faè ha preso un bidone»

I nove milioni di euro consegnati dall’imprenditore di Caorle Samuele Faè, 41 anni, al trader Fabio Gaiatto per investirli nel foreign exchange, sono stati tracciati dagli inquirenti. A Faè sono stati restituiti 3,1 milioni mentre gli altri 6 sono andati in fumo. Da dove venivano quei soldi? Le fiamme gialle hanno ricostruito tutti i flussi finanziari.

«Faè ha preso un bidone da Gaiatto – è la tesi dell’avvocato Fabio Capraro che assiste l’imprenditore, ora in custodia cautelare in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio –. Aveva la disponibilità di quel capitale per via della sua attività di importazione di materiali ferrosi. La sua ditta Elite, con sede in Croazia, importava i minerali dall’Africa, ma doveva pagare anche i fornitori. Poiché fra l’incasso e i pagamenti trascorreva un certo lasso di tempo, così ha pensato bene di investire i soldi nell’affare del forex e li ha persi. Un investimento sbagliato che gli ha causato problemi con i fornitori, che siamo riusciti a risolvere».

Se a Cordenons Faè è nella lista delle parti civili (la sua costituzione è stata ammessa dal gup Eugenio Pergola), a Venezia invece l’imprenditore è finito in carcere, accusato di essersi messo a disposizione di un’associazione per delinquere di stampo mafioso, pur non facendone parte. Martedì 12 marzo a Venezia sarà discussa la sua posizione al tribunale del riesame.

«Faè – ha precisato l’avvocato Capraro – si è avvalso della facoltà di non rispondere all’interrogatorio di garanzia perché gli è stata consegnata un’ordinanza di mille pagine. Ora che l’abbiamo valutata, si preparerà a rispondere punto per punto alle contestazioni, in preparazione dell’udienza del 12 marzo». —

I.P.

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