La Finanza ai Pozzo: dovete pagare le tasse

UDINE. La semplice iscrizione all’Aire non è sufficiente a escludere la residenza fiscale in Italia di un qualsiasi cittadino trasferitosi all’estero. Parte da questa contestazione l’accusa che la Procura di Udine ha mosso a Gianpaolo Pozzo e alla moglie Giuliana Linda, a conclusione di due anni di indagini sulle attività e sul patrimonio che la coppia gestisce dentro e fuori dal territorio nazionale.
La Guardia di finanza ha ipotizzato a carico del patron dell’Udinese calcio la mancata dichiarazione, in otto anni, di quasi 19 milioni di euro. Di questi, più di 9 milioni assumerebbero una rilevanza penale oltre che amministrativa (il resto è frutto di presunzioni fiscali, ritenute inidonee a fondare una decisione penale), per un totale di 3,6 milioni di imposta evasa.
È rimasta confinata entro il perimetro tributario, invece, la contestazione formulata a carico della consorte che, con una base imponibile di poco meno di 1,2 milioni di euro complessivamente sottratti - in tesi accusatoria - all’imposizione Irpef in cinque anni, non ha raggiunto la soglia di punibilità prevista per ogni singolo annualità dal nuovo regime penale in materia tributaria.
Nel valutare il suo caso, gli investigatori evidenziano di avere dovuto fare a meno delle somme relative ai conti correnti aperti nel Principato di Monaco, per il rifiuto dell’autorità monegasca alle richieste di accesso italiane. Da un punto di vista penale, quindi, la posizione della signora Pozzo sarà oggetto di richiesta di archiviazione.
Da Monte Carlo alla Spagna
È articolato in tre annotazioni, e nei relativi molteplici allegati, il dossier che le Fiamme gialle hanno da poco consegnato ai coniugi Pozzo, nell’ambito dell’inchiesta che dal 2014 li vede indagati per la presunta fittizietà della loro residenza all’estero e per il conseguente mancato assolvimento degli obblighi dichiarativi in Italia.
La Spagna, dunque, come escamotage fiscale sia per Gianpaolo, che lì figura avere piantato radici nell’agosto del 2004, dopo le iscrizioni all’Aire di Monaco di Baviera (dal 1995 al 1996) e Monte Carlo (1996), sia per Giuliana, approdatavi nel 1996, rimpatriata nel 1997 e infine rientratavi stabilmente dal maggio del 2004.
Questo attestano i registri dell’Anagrafe italiani residenti all’estero e questo è anche ciò che l’attività investigativa coordinata dal pm Marco Panzeri punta a smentire.
Per farlo, i finanzieri hanno effettuato una ricognizione che ha portato a raccogliere - secondo la Procura - «plurime e convergenti evidenze probatorie», attestanti, appunto, «un reale ed effettivo radicamento in Italia della residenza fiscale dei coniugi Pozzo».
La proprietà dell’Udinese
Uno degli aspetti considerati di precipua rilevanza, e sufficiente, di per sè, a individuare in Italia «il centro degli interessi vitali» di Gianpaolo Pozzo, è rappresentato dal suo ruolo nell’Udinese.
E cioè in una società sportiva caratterizzata da un assetto proprietario formalmente riconducibile non a lui, che pure ne acquistò la proprietà nel 1986 dall’imprenditore Lamberto Mazza, bensì a soggetti giuridici di diritto estero, ossia con quartier generale in Paesi a fiscalità privilegiata e per i quali non sono previsti significativi strumenti di collaborazione internazionale.
Sulla carta, dunque, a detenere la quasi totalità del capitale sociale dell’Udinese (15.041 azioni ordinarie, pari a nominali 15.041.000 euro) è “Gesapar sa”, società costituita nel 1998 in Lussemburgo, nella forma della holding, con soci rappresentati da due off-shore di diritto anglosassone e sede nel paradiso fiscale di Panama (“Global service overseas inc” e “International business services inc”).
La quota di Pozzo è composta da 81 azioni, pari a 81 mila euro (lo 0,54 per cento del capitale sociale), e quella di suo figlio Gino da 5 azioni (suo, quindi, lo 0,03 per cento).
L’ipotesi delle Fiamme gialle è che i soggetti «ignoti» nelle cui mani figura finita la società bianconera, abbiano la sola funzione di «schermare» i Pozzo. I quali avrebbero sempre mantenuto la gestione de facto della società. Una «formale cointeressenza» nella Gesapar, del resto, troverebbe conferma nel destino di un’altra società, la “Fiveneta sa”, costituita nel 1996 in Lussemburgo con capitale sociale di 90 milioni di vecchie lire, ripartito tra Gianpaolo e Linda, e fusa per incorporazione nel 2001 nella Gesapar. Scorrendo le informative, altrettanto significativi appaiono i «non episodici pagamenti “a nero”, allo staff e ai giocatori, da parte di Gianpaolo Pozzo».

Le verifiche del Comune
Era stato già il Consolato di Monaco ad appurare la sostanziale inesistenza della residenza Aire di Gianpaolo e a comunicarlo all’Ufficio anagrafico del Comune di Udine.
Ma è proprio a questo punto della catena di controllo che gli accertamenti dei finanzieri avrebbero riscontrato una certa carenza. «I funzionari – si legge in una delle annotazioni –, hanno dapprima “mediato” la posizione, contattando la sua segretaria udinese, e poi, visti gli esiti sterili, hanno solo passivamente registrato il passaggio della residenza Aire dal Principato di Monaco in Spagna, senza condurre alcun riscontro, peraltro di ben facile esecuzione sulla realtà fattuale della situazione anagrafica dei richiedenti».
Limitandosi a una mera formalizzazione burocratica, insomma, e senza tenere conto neppure, nel 2016, delle evidenze pervenute dalla Procura. «Non è stato impiegato personale della Polizia locale – rileva la Finanza –, ma ci sarebbe stata solo una “richiesta telefonica di informazioni” da parte dei funzionari». Da qui le ipotesi omissive sollevate a carico del personale comunale.
I riflettori della stampa
Considerata l’impossibilità di calcolare il numero di giorni trascorsi dai Pozzo in Italia, il computo è avvenuto per via deduttiva, attraverso evidenze desunte dalla quotidianità, comprese le notizie diffuse dai mass media: dalle riprese televisive e gli articoli di giornale, attestanti la presenza del paron alle partite giocate alla Dacia arena (lo stadio Friuli), alla copiosa corrispondenza scambiata dalla coppia con interlocutori in loco, per attività inerenti ora l’Udinese calcio, ora la onlus “Udinese per la vita”.
Notevole attenzione, come intuibile, è stata rivolta all’«abitazione di effettivo domicilio» che i Pozzo possiedono a Udine, in via Passariano. Quella sottoposta a perquisizione l’11 dicembre 2014, quando l’inchiesta muoveva i primi passi – l’annotazione evidenzia come, non a caso, quel giorno la famiglia fosse presente al gran completo e, stando agli addobbi natalizi, fosse pronta a celebrare le imminenti festività –, e svaligiata dai ladri il 5 agosto scorso.
La casa a Udine
Ed è proprio alla luce delle dichiarazioni rilasciate al nostro giornale dalla signora Pozzo all’indomani del furto, che la Guardia di finanza rilancia osservazioni presenti già a conclusione della sua prima ricognizione investigativa: se è vero che «la casa solitamente è disabitata e all’interno vive solamente il gatto», altrettanto provati sono «gli elevatissimi consumi energetici» (nel 2012, ad esempio, oltre 20 mila euro tra energia elettrica, gas e telefonia fissa) e «i costi per servizi di guardiania/portierato fiduciario dal costo di circa 10 mila euro al mese», fatturati all’Udinese e giudicati «razionalmente inspiegabili per la sola presenza del gatto domestico».
Non meno significative a tal proposito, a parere degli investigatori, le testimonianze raccolte tra il personale di servizio e una serie di altri professionisti con cui i coniugi Pozzo si sono interfacciati nel tempo: dalla colf, che li ha indicati presenti in casa «almeno tre o quattro giorni a settimana da settembre a maggio», al falegname incaricato di alcune opere in casa (pure «fatturate all’Udinese») «per creare una “zona privacy”» per i frequenti incontri con giocatori e staff «nell’ufficio di Pozzo, posto al piano superiore», alla loro odontoiatra, l’idraulico e il geometra.
Appunti relativi ai conteggi della spesa, così come delle disposizioni impartite al personale dipendente e dei contatti con medici e artigiani sono stati trovati su quaderni acquisiti in atti.
I conti correnti
La ricerca delle evidenze in grado di dimostrare come Gianpaolo «palesi sia un’effettiva dimora a Udine, sia il centro dei suoi interessi professionali e sociali», passa anche attraverso l’elencazione dei «plurimi conti correnti e di altri rapporti» con banche del territorio nazionale, senz’altro «in numero ben maggiore rispetto a quello delle carte di credito e delle cassette di sicurezza aperti in Spagna».
Nel caso della moglie, alla lista dei rapporti finanziari si aggiunge quella delle partecipazioni societarie e delle cariche rivestite in Italia. Anomala è apparsa inoltre la circostanza che moglie e marito abbiano avuto a lungo indirizzi in Stati diversi «non foss’altro – scrive la Gdf – per il loro stato di coniugi con correlati obblighi di convivenza».
Nullatenente
Tutto ciò premesso, per l’amministrazione finanziaria italiana Pozzo risulta un «soggetto privo di stabile occupazione, senza alcun reddito e patrimonio, a esclusione di una quota di nominali 81 mila euro nell’Udinese calcio spa e di 99 euro nelle società semplici “Giangi” e “Magia”».
Ossia nelle società costituite con capitale sociale di 100 euro l’uno nel 2012, quando, con le stesse, diede vita anche a “Il Branco”, la società semplice cui di lì a un paio di mesi la Civileasing concesse in locazione finanziaria una barca da oltre 3 milioni di euro. Barca peraltro acquisita attraverso intermedari (società armatrice, notai, società di leasing e intestatarie dei contratti) «con sede e operatività nel territorio nazionale».
Secondo la Finanza, tuttavia, esistono beni potenzialmente destinabili di misure ablative (una sorta di trasferimento forzato): dalle quote di Gesapar, per il 99,43 per cento considerate de facto di proprietà del paron, allo yacht, alla villa in Costa Smeralda «posseduta per il tramite della società “Celeste srl” e della spagnola “Lombort Nou sl”.
«Il rischio – segnala l’annotazione – è che parte di tale patrimonio sia occultata o ceduta a terzi, con ulteriori operazioni societarie transnazionali, come attualmente in corso per le quote Gesapar dell’Udinese calcio». Nessuna richiesta di sequestro, comunque, è stata al momento presentata al gip.
I riscontri all’estero
A rendere possibile l’esame dei rapporti finanziari intestati a Pozzo è stata l’attività di rogatoria internazionale, avviata in virtù dell’inchiesta per presunta frode fiscale in corso a carico dell’Udinese. Di redditi dichiarati in Spagna c’è traccia solo dal 2012. Le somme, giudicate «modeste», vanno dai 65.458 euro lordi del primo anno ai 266 mila e i 122.195 dei due anni successivi.
Quanto ai soldi percepiti tra il 2008 e il 2009 dalla “Freud worldwide corporation of industrial partecipation slv”, 1.259.962 euro in tutto, alle autorità iberiche «non risulta alcuna dichiarazione, ma soltanto la tassazione da parte del sostituto d’imposta». Il quantum, secondo la Finanza, non torna.
Basti pensare che nei conti correnti aperti nel Principato di Monaco, sono stati rilevati flussi finanziari in accredito per complessivi 9.280.384,95 euro, derivanti, tra l’altro, da disinvestimenti di titoli e bonifici operati da società estere. «Nel corso delle pur complesse indagini – la conclusione degli investigatori – non è stato possibile chiarire la provenienza delle somme trasferite ai conti di Monaco, da cui vengono alimentati quelli accesi in Italia».
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