La gente della Slavianelle foto di Giovanni Gujon

La mostra Slovenj che sarà inaugurata sabato 20 settembre alle 18.30 ad Antro di Pulfero, dove resterà aperta fino al 2 novembre, presenta - per la prima volta in modo organico - una selezione di 80 fotografie selezionate tra circa 300 negativi tratti dal Fondo don Giovanni Gujon (Biacis 1877-Valbruna 1966), sacerdote-fotografo, appassionato cultore delle novità in campo tecnologico oltre che indefesso animatore sociale.
La mostra
Slovenj
che sarà inaugurata sabato 20 settembre alle 18.30 ad Antro di Pulfero, dove resterà aperta fino al 2 novembre, presenta - per la prima volta in modo organico - una selezione di 80 fotografie selezionate tra circa 300 negativi tratti dal Fondo don Giovanni Gujon (Biacis 1877-Valbruna 1966), sacerdote-fotografo, appassionato cultore delle novità in campo tecnologico oltre che indefesso animatore sociale. Già nei primi anni del Novecento egli produceva energia elettrica in proprio e possedeva cineproiettore e grammofono, la sua motocicletta fu tra le prime a circolare lungo le strade delle Valli del Natisone - e tale spregiudicatezza lo fece incorrere nelle censure dell'autorità ecclesiastica - collaborò all'istituzione di bande musicali e gruppi teatrali...


Sono, queste, solo alcune delle notizie che delineano la personalità di questo dinamico prete. Tra le sue passioni, anche la fotografia. E infatti a partire dagli anni '10 e fino alla metà degli anni '30, si preoccupò di documentare i piccoli eventi che andavano a comporre la cronaca paesana delle Valli del Natisone: l'arrivo delle nuove campane, l'inaugurazione di un monumento, oppure un comizio elettorale. Ma soprattutto immortalò le persone. Sono infatti le immagini che mostrano la gente della Slavia a costituire la parte più consistente del Fondo ed il percorso proposto in questa esposizione: ritratti e gruppi, scelti dai curatori Roberto Del Grande e Alvaro Petricig tra decine per la fascinazione prodotta dai volti, dalle pose o per i segni evidenti della difficoltà del mondo in cui le persone allora vivevano.


Se in genere le testimonianze fotografiche di quel periodo sono dovute agli album di famiglia in cui le immagini accompagnano gli eventi principali o più importanti della vita privata assumendo valore rituale, nel caso di Gujon il rituale sembra compiersi col gesto fotografico stesso, quasi a voler testimoniare, in modo semplice e spontaneo, la presenza stessa della gente, della sua comunità. Come se il prete valligiano avesse assunto le funzioni di quei fotografi ambulanti poco presenti allora nel territorio delle Valli, alla cui modalità operativa si può assimilare il suo lavoro. In esso, infatti, vengono replicati modelli visivi già consolidati, ad imitazione degli eleganti studi cittadini, con l'uso di orpelli di fortuna, semplici sedie, un lenzuolo o un tappeto come fondali.


«Guardando queste fotografie - si legge nel testo che introduce il catalogo, edito dalla cooperativa Most di Cividale del Friuli - si vede però anche ciò che va oltre i soggetti ripresi, e non solo perché il lenzuolo e il tappeto usati come fondale a volte finiscono nel pieno dell'inquadratura permettendoci di scorgere il paesaggio intorno, le case, i soffitti. Gujon era spinto a usare la macchina fotografica da motivazioni che vanno ben al di là dello specifico fotografico. La curiosità quasi sperimentale nell'uso dello strumento sembra dargli la capacità di passare oltre i volti delle persone. Queste fotografie non paiono tanto la realizzazione di ritratti posati e descrittivi quanto la testimonianza di un momento di fraternità, in cui il fotografo non è per forza solo fotografo ma pare piuttosto un calzolaio, uno che fa le cose a misura delle persone che incontra».


Le ottanta fotografie selezionate tra i circa trecento negativi del Fondo, principalmente su lastra 9x12cm e 10x15cm, compongono una galleria umana di inizio Novecento riprodotta con sofisticate tecniche di stampa digitale (assecondando alcune variazioni cromatiche che il trasferimento dei negativi può comportare) che allontanano questi ingrandimenti dai loro originali senza volontà di falsificazione o mancanza di rispetto filologico ma - fanno sapere i curatori - con la consapevolezza della necessità di scelte arbitrarie per tentare di avvicinare queste immagini che testimoniano di un mondo trascorso alle nostre sensibilità attuali.


La mostra, organizzata dall'Associazione don Eugenio Blanchini e dal Centro studi Nediza, sarà visitabile con il seguente orario: sabato 15-18; domenica 10-12 e 15-18.


Per informazioni, prenotazioni e visite in altri orari: 0432 701455, info@nediza.org - www.nediza.org.

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