La “Grande Sedia” non c’è più - Foto e video

MANZANO. La “Grande Sedia” non c’è più. Ridotta a pezzi, smaltita come un rifiuto speciale. Si chiude così un’epoca durata vent’anni. Il manufatto, simbolo del distretto della sedia, è stato demolito ieri dall’incessante lavoro della Natison Scavi. La gru l’ha riportata a terra. Lo schienale, il sedile e le gambe sono stati smontati.
Le operazioni sono iniziate alle otto del mattino quando l’area è stata cantierata e transennata per impedire l’accesso ai curiosi. La viabilità è stata deviata verso il centro e la strada statale. Alle 10 il via allo smantellamento. A seguire i lavori il vicesindaco Lucio Zamò e il capo ufficio tecnico del Comune, Paolo Nardin.
«Non è bello vedere quest’opera, che ha rappresentato la vita economica l’intero Triangolo, essere distrutta – ha affermato Zamò – , ma la necessità di rendere sicura l’area ci ha costretto a fare tutto questo». Il costo dell’operazione è stato di 38 mila euro (36 mila per lo smantellamento e 2 mila per il piano sicurezza), fondi interamente a carico del Comune.
«Avremmo preferito – ha aggiunto – destinare questi soldi ad altre opere di arredo urbano. È una giornata triste anche per l’incendio del Catas. Ma come sempre si risorge dalle ceneri ed è volontà di questa amministrazione, assieme alla Regione, alla Provincia e alle associazioni di categoria, di ricostruire un nuovo simbolo che in questo momento è in fase di progettazione a testimoniare che questo distretto e questo territorio sono ancora vivi. Lo dimostrano le 600 aziende, i 600 milioni di fatturato, i seimila dipendenti: terza economia della regione. Vuol dire che gli imprenditori del Manzanese ci credono ancora, hanno investito e stanno modificando il loro marketing e la loro presenza sui mercati. Il compito nostro ora è di rendere queste aree competitive dal punto infrastrutturale, a cominciare dalla banda larga, l’autostrada informatica».
Costruita negli anni Novanta, prima di approdare a Manzano la “Grande Sedia” era stata esposta nell’ottobre del 1995 a Udine, in piazza San Giacomo. Alta 20 metri, dal peso di 22 tonnellate, per la sua costruzione ci vollero circa 420 ore (300 di lavorazione e 120 di montaggio).
Dopo 3 mesi la sedia fu smontata e ricollocata a Manzano, per rappresentare il simbolo del distretto. La crisi dell’area del Manzanese ne ha decretato lentamente il suo declino. Due i crolli, il primo nel 2013, il secondo pochi giorni fa, quando la massiccia spalliera del peso di 700 chili aveva ceduto alle intemperie. L’unica manutenzione fu eseguita nel 2006.
«Era inevitabile questa demolizione – ha spiegato il capo ufficio tecnico Nardin – . Ci siamo resi conto una volta di più in fase di smontaggio che il legno non era più recuperabile. Il manufatto è stato sottoposto per vent’anni a intemperie e sollecitazioni. Era impensabile contenere il deterioramento».
«Con la demolizione della sedia non significa che il distretto è finito per sempre – sottolinea l’assessore ai lavori pubblici, Angelica Citossi – . Anzi, è vivo e continua grazie all’opera di molte aziende che si sono evolute operando all’estero e portando nel mondo il nome del Manzanese».
«La sedia – ricorda l’assessore – aveva una vita utile di 20 anni, come ha affermato lo stesso progettista. Solo nel 2006 era stata fatta una manutenzione. Ci siamo trovati quindi davanti a un’opera che presentava uno stato di degrado tale che non poteva essere recuperata. Come amministratori pubblici dovevamo garantire l’incolumita’ dei nostri cittadini».
Ad assistere alle operazioni anche alcuni cittadini. «Era il simbolo della nostra terra – ha commentato Gianni – . Dispiace, ma sinceramente è stata sbagliata la gestione. Quest’opera non andava lasciata “morire”. Bisognava programmare la manutenzione nel corso degli anni».
«Non si poteva rischiare. Poteva cadere da un momento all’altro – aggiunge Luciano – . Speriamo che ne facciano un’altra anche se i tempi sono cambiati».
«È finita un’epoca – sentenzia Silvano – . Purtroppo le divisioni tra gli imprenditori e i politici hanno fatto in modo che il distretto perdesse tutto il suo potere e ora anche il simbolo. Ci siamo fatti la guerra tra di noi. E questo è il risultato».
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