La latteria di Campolessi resiste: è una delle sei rimaste in Friuli

Gemona, la sua storia nel documentario che venerdì 30 agosto aprirà il festival sui territori. Il direttore dell’Ecomuseo: il modello va salvaguardato, è sinonimo di qualità

GEMONA. Gli allevatori entrano nella latteria, versano il latte in un grande contenitore e il casaro annota sul libretto la quantità conferita. Quel via vai di gente, a un’ora prestabilita della giornata, è una processione l'unicità dell'economia non globalizzata, quando la gente veniva ripagata con una quantità di formaggio proporzionale al latte conferito.

Il film “Latte nostro” girato dal sociologo, Michele Trentini, documenta il sistema turnario abbandonato negli ultimi 40 anni con la diffusione dei grandi allevamenti. Un dato per tutti: negli anni Sessanta in Friuli si contavano 652 latterie turnarie, oggi solo sei.

Tra le “sopravvisute” c’è la latteria di Campolessi dove Trentini ha ripreso i volti degli allevatori e il loro sapere .

Un documento inedito, prodotto dall'Ecomuseo delle acque del Gemonese e dall'Ecomunseo della Val di Peio, che racconta un pezzo di storia che anche i giovani stanno riscoprendo nella gestione degli allevamenti 2.0.

Questo è il messaggio di “Latte nostro”, il film che, venerdì 30 agosto, sarà proiettato nel centro parrocchiale San Marco di Campolessi, aprirà il Festival sguardi sui territori Antropologia visuale ed ecomusei.

Il cofanetto con i due Dvd, uno dedicato alla latteria turnaria di Campolessi, l’altro a quella di Peio (Trento), contiene anche un volumetto di una sessantina di pagine che racconta le vite dei 15 soci della latteria turnaria di Campolessi.

Emblematica la storia di Mirella, l’allevatrice di Buja, che tratta Cile, la sua unica vacca, come una confidente alla quale ha salvato la vita quando la volevano abbattere.

«Il 4 novembre – racconta Mirella – Cile compirà 20 anni». Sfogliando quelle pagine si scopre il mondo delle latterie turnarie sorto nel 1880 con la registrazione dello statuto della latteria di Collina di Forni Avoltri. Allora i carnici avevano guardato all’esempio dell’Agordino.

«Le caratterizzava – scrive il direttore dell'Ecomuseo delle acque di Gemona, Maurizio Tondolo – una modalità di gestione del latte semplice, economica e adatta alla produzione casearia di piccola scala, tipica del territorio friulano, con allevatori sparsi in ogni borgata».

Ancora oggi le latterie turnarie, a differenza delle latterie sociali, non acquistano il latte: effettuano la lavorazione per conto dei soci. Solo a Gemona ce n'erano 9: alcune sono state cancellate dal terremoto del 1976.

Costituita nel 1908 da 120 soci, la latteria turnaria di Campolessi costruì il primo caseificio grazie al contributo (100 mila lire) fatto arrivare dall'onorevole Ugo Ancona, originario di Ferrara ma eletto nel mandamento di Gemona.

Al primo consiglio di amministrazione presieduto da Valentino Cargnelutti ne seguirono altri 14, oggi a la gestione è in mano a Sereno Milisso.

È lui a vigilare su un sistema basato sulla lavorazione del latte crudo e parzialmente scremato, frutto di due mungiture derivate da metodi antichi tramandati dai casari. L’assenza della pastorizzazione del latte evita, a esempio, la standardizzazione del prodotto.

Ecco perché – spiega sempre Tondolo – «l’Ecomuseo e Slow food difendono le latterie turnarie: lo fanno per dimostrare che le microimprese possono costituire un forte motore di sviluppo per l’intero territorio. Promuovere e valorizzare il formaggio delle latterie turnarie, a partire dal prezzo di vendita, può aiutare ad arginare la chiusura definitiva del sistema antico che sta alla base del prodotto». —


 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto