LA LETTERA DEL GIORNO Controllare le spese dei partiti
Nel duemilatrentatrè... C'era una bella canzone portata al successo negli anni 70 della fin troppo poco considerata quanto brava Dalidà che faceva: “Nel duemilatrentatre io non so se ci sarò...”.ecc. Bei tempi!
È di giorni la buona notizia: il finanziamento pubblico ai partiti è stato soppresso! Ma il taglio totale avrà compimento solo nel duemiladiciassette. Come se ad un naufrago che sta per annegare piuttosto che issarlo a bordo, si dicesse che il suo salvagente sarà pronto per domani. La politica deve evidentemente adattarsi a una tale inusuale situazione, deve pur capire come raggirare l'ostacolo! Il tesoriere del Pd ha già detto che così (cioè tagliando il finanziamento ai partiti) il governo fa pura demagogia, mentre secondo quello del Pdl “le spese sono tante, solo dopo aver capito quanti soldi in meno arriveranno, si potrà decidere su da farsi!”. Guarda caso i due partiti maggiori ed i più avversi, seppur oggi soci, sui soldi la pensano allo stesso modo!
Vorrei far sapere a costoro che la gente attende e pretende che venga dimezzato il numero dei parlamentari e la loro paga, compresi i regionali. Non si dimentichino e non lo dimentichi Enrico Letta e Debora Serracchiani. Chi tra i politici pensa di meritare di più, (sicuramente una maggioranza trasversale indirettamente proporzionale ai meriti ed alle riforme) se lo guadagni con il proprio lavoro. In difetto si accontenti, sia presente e lavori almeno quarantotto ore alla settimana
L'economia non funziona, i giovani e non solo, sono senza lavoro, le fabbriche chiudono. Non c'è destra o sinistra o Grillo che tenga. Sappiano costoro che la pazienza degli cittadini, di cui è espressione il non voto (l'hanno capito?) è agli sgoccioli. Inutile l'abusato ritornello secondo cui non è con la sola riduzione dei costi della politica che si salva l'Italia. Diano l'esempio per primi altrimenti è normale che il popolo li consideri avversi all'uguaglianza, allo stato di diritto, alla democrazia.
Alessandro Sabot
Manzano
La risposta di Gervasutti
Brava, bravissima Dalida, ma non capisco cosa c’entri con le sovvenzioni ai partiti. In un piacevole motivetto la cantante francese di origine italiana si poneva il dubbio sulla durata della sua vita fino al 2033; era troppo ottimista, e probabilmente se ne rese conto, perché nel maggio del 1987 si gustò un’overdose e si addormentò per sempre. I soldi ai partiti in quell’epoca arrivavano in abbondanza attraverso una miriade di flussi come il Delta del Po, ma certamente non costituivano argomento di interesse per la diva. Lasciamo perdere, caro Sabot, e invece occupiamoci dell’andazzo finanziario della politica italiana. In questi giorni si parla molto del problema e le reazioni sono diverse; c’é chi plaude alla decisione dei tagli e chi - come il nostro lettore - si sente preso in giro per l’ennesima volta perché la decisione darà i suoi frutti soltanto tra alcuni anni. Dico subito la mia.
Penso che la politica e i partiti che ne costituiscono il braccio più o meno armato non possano vivere di ideali (non soltanto perché ideali non ci sono più), ma abbiano bisogno del denaro per svolgere la loro attività secondo le norme legali. Il punto è proprio questo: regna molta confusione in proposito, una confusione che ha avuto il momento esplosivo nei primi anni 90, allorché i partiti furono travolti dalle cosiddette “mani pulite” che contestavano le forme di finanziamento praticate. Passata (quasi) la bufera, i nuovi rappresentanti del popolo cercarono di porre ordine, ma i provvedimenti furono decisi e adottati all’italiana, cioè all’insegna del Gattopardo che cambiava tutto perché tutto rimanesse come prima. Siamo rimasti a quel punto. Adesso il Governo intende mettere mano per fare chiarezza in questo delicato settore.
Ritengo buona l’intenzione, anche se per motivi di procedura non può essere realizzata da un giorno all’altro. Aspettiamo un ragionevole tempo, poi giudicheremo. Personalmente, comunque, non mi preoccupano i soldi ai partiti, ma il modo in cui li spendono.
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