LA LETTERA DEL GIORNO La doppia faccia del Cavaliere
Caro Gervasutti, da tanto tempo seguo i suoi interventi sul giornale e li considero in genere abbastanza obiettivi, anche se si capisce benissimo da che parte tira le frecce.
Ora, se mi consente, vorrei metterla alla prova e chiederle una risposta a questo mio pensiero, dovuto alla sentenza di condanna dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Io ritengo giusta la decisione del tribunale e ho aumentato la stima nei confronti delle donne: le tre che componevano il collegio giudicante hanno dato prova di coraggio e di competenza, quindi meritano tutto il nostro apprezzamento; se la giustizia fosse nelle mani femminili potremmo stare più tranquilli e dedicarci con serenità alla soluzione dei tanti problemi italiani.
Gradirei, infine, conoscere la sua opinione sul personaggio Berlusconi. Preferirei che sul giornale non comparisse il mio nome intero, ma soltanto le iniziali. Molte grazie e saluti.
P.G.M.
Udine
Spero di essere chiaro: le mie opinioni sono esattamente opposte a quelle del lettore; reputo la condanna di Berlusconi un “delitto” più grave di quello a lui contestato; penso che se la giustizia fosse interamente nelle mani delle donne sarebbe una iattura per tutti. E vengo al personaggio.
Il Presidente del Consiglio di una potenza mondiale che si fa organizzare le feste da Lele Mora e passa le serate con starlette tra frizzi e lazzi (non mi interessa se il parco divertimenti prevedeva altro) non è una figura all’altezza del ruolo pubblico conquistato regolarmente con il consenso della maggioranza del Paese.
Ma questo nulla ha a che fare con la parte giudiziaria della vicenda che ha visto concludersi il primo tempo (seguiranno i processi d’appello e il giudizio finale della Cassazione). Un conto è la valutazione politica o morale, altro è il giudizio penale: se per la prima può esserci una condanna, pur con i rischi di natura politica che potrebbe determinare, per il secondo non bastano l’antipatia e l’ostilità politica per decidere il destino non soltanto di una persona, ma dell’intera collettività. La condanna di Berlusconi a 7 anni di carcere con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici è talmente enorme da rendere superflua ogni discussione in merito all’esistenza o meno delle prove di colpevolezza: che ci siano o no, l’entità della pena è clamorosa, e comunque tale da aumentare i dubbi su una forzatura politica della sentenza.
Ma voltiamo pagina, lasciando da parte gli aspetti strettamente giudiziari della vicenda; bisognerà attendere le motivazioni della sentenza per capire meglio lo spirito che ha animato il gentil sesso in toga nera quando ha scritto la condanna, con annessa decisione di indagare sui testimoni a favore dell’imputato, ipotizzando che abbiano deposto il falso. Ora mi chiedo se sia razionale che un Paese si ritrovi sossopra per una storia di lenzuola che meriterebbe a malapena una notizia in qualche settimanale pruriginoso.
A me interessano i risultati politici di Berlusconi, non le sue divagazioni amatorie; ma a questo punto mi sorge il dubbio che la parte attiva di un ventennale bilancio non sia tale da suscitare entusiasmi, tanto da rendere ridicole le battaglie politiche trasferite nelle aule giudiziarie. Vedremo le conseguenze, ma in ogni caso sono dell’idea che da un Berlusconi ci si può difendere mandandolo a casa, da un giudice fazioso no, perché a buon diritto (penale) si è guadagnato l’inamovibilità dalla sua casta.
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