La Malga Gerona: senza corrente elettrica e la sveglia è alle 5.30, ma tutto qui è amore

Le due sorelle Stefania e Alessandra Tomat vivono lassù dal 2007. Un centinaio di metri a sud pascolano 38 mucche da latte

Quando ho iniziato questo cammino tra le malghe custodivo i ricordi delle notti passate tra le casere delle Giulie e della Carnia. Giornate passate in val Resia o nella alta Tagliamento, infilare le ciaspole e impugnare un bastone, divertirmi a spaccare la legna per poi aprire, davanti al caminetto, una bottiglia di vino. Sui diversi sentieri sempre pochi gli incontri. Eppure ogni tanto, poteva capitare di ricordare il giorno in cui rivedevi qualcuno dopo molto tempo. La storia di Alessandra e Stefania Tomat di malga Gerona, tra i pascoli a qualche chilometro da Sauris, assomiglia vagamente a quell’istante in cui quell’affetto si palesa. Ora ricordo: prima di prendere in gestione questa malga, queste due sorelle avevano passato molto tempo alla Varmòst, quella che vi ho raccontato nella puntata precedente.

«Siamo arrivate nel 2007, era una delle poche libere nel territorio e prima di partecipare al bando siamo venute a vederla», racconta Alessandra mentre mette su il caffè, guardata a vista dal plotone Gerona, vale a dire Harley, Lucky, Lupa, Shoni e Fly, nel più classico dei “can che abbaia non morde”. “I chilometri da Latteis sono sette e la transumanza la facciamo lungo questa strada. Non credo di sbagliarmi nel dirti che qui siamo le prime a produrre prodottti caseari. Forse li producevano prima, magari anche cinquant’anni fa, ma non saprei dirtelo con precisione».. L’epifania che gli occhi di Alessandra riflettono luccica invece nella memoria famigliare, in quella linea del tempo che fin dai bisnonni accompagna questo casato nel lavoro in malga. «Dovremmo essere ormai alla sesta generazione, giusto?» chiede Stefania ad Alessandra, dando un’occhiata compiaciuta ad Andrea e Sara, giovani eredi dello scrigno dei ricordi. Eccola qui la riproposizione degli incontri, di quella viandanza sulle tracce di montagna, la mandibola che infine comprime il piacevole sforzo di un inaspettato sorriso. Lo stesso sorriso che ha fatto Andrea quando alla maturità ha portato la sua esperienza in malga. «Il Presidente di commissione a un certo punto mi ha persino chiesto come riusciamo a sopravvivere per tre mesi senza corrente elettrica». Se per caso stesse leggendo, Presidente, prenda queste poche righe a guisa di un invito personale: la vista dalla Gerona è magnifica, anche senza contatori, mi creda.

Dalla malga scendiamo a bordo di un furgone in direzione delle trentotto mucche da latte che pascolano a qualche centinaio di metri a sud. L’inquietudine alla vista di un moscone dagli occhi verdi si trasforma in un biglietto di benvenuto che la mandria mi dà, quando saltello giù per il versante. «La sveglia suona ogni mattina alle 5.30. In successione facciamo la mungitura, le mucche ci regalano il latte per le nove forme di formaggio che produciamo giornalmente; in ultimo si puliscono le stalle», racconta Alessandra. Fuori dalla malga ci sono alcune vestaglie messe a stendere, sulle pareti sono appesi fiori che tremano a causa del vento leggero; dentro alla stanza principale accarezzo un tabio in larice (recipiente per far disperdere l’acqua del formaggio) che viene a sopportare il peso delle forme e dei pesi in pietra.

Alcuni studenti della facoltà di Geologia dell’Università degli Studi di Trieste passano a piedi sul tornante che punta in direzione di malga Pieltinis. Da qualche anno l’aumento dei flussi turisitici in questa regione è sotto gli occhi di tutti. «Arrivano soprattutto dal 20 luglio in poi, in bicicletta, a piedi o con le moto. Quelli che comprano decidono di salire in macchina da Latteis, imboccando il bivio a destra sulla strada per Sauris. Se c’è un turista che mi piace di più? Beh, direi quello che non dice che il formaggio puzza e che apprezza questi luoghi per quello che sono», afferma Stefania.

Lo spazio davanti a questa malga di proprietà del comune di Enemonzo – che è registrata come Piccola Produzione Locale – si apre in una dimensione azzurra del cielo, verde secco dei pascoli. «Qualche giorno fa, dopo la pioggia è nato un arcobaleno doppio», mi dice Sara. Mi ha mostrato la fotografia scattata con il cellulare e la nitidezza era data sì dalla fotocamera digitale di ultima generazione, tuttavia ho pensato potesse essere l’omaggio quotidiano che questi mondi sospesi meritano di ricevere. Seduto sul tavolo davanti ad un piatto di pasta con l’oro delle malghe, l’immagine ritorna improvvisamente a quelle giornate in cui incontri alcuni amici che non vedevi da chissà quanto tempo. L’abbraccio spontaneo che puoi trovare da Alessandra e Stefania dimostra l’inesistenza di relazioni interrotte a causa della distanza, per il semplice fatto che l’amore vero sprigiona quegli elettroni che nessun cavo elettrico è in grado di riprodurre. Tutto qua.

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