La pizza surgelata sfida in sette mosse quella tradizionale
Anche quella surgelata ha le sue regole. Amatissima all’estero, anche in Italia, nonostante un certo snobismo, ha i suoi fan, come dimostrano i numeri: a inizio 2014, le pizze rappresentavano ben il 12% del valore totale del mercato dei surgelati, che ha un valore complessivo di 1.9 miliardi di euro. Ed è uno dei pochi segmenti che tiene testa alla crisi, con un +0,4% e una crescita costante negli ultimi anni (fonte: Gfk). La pizza surgelata, tuttavia, non è tutta uguale.
«Il prodotto di riferimento, inutile nasconderlo, resta sempre quello realizzato in pizzerie tradizionali e di qualità – ha detto Dario Roncadin, amministratore delegato di Roncadin Spa, azienda di Meduno che produce 60 milioni di pizze surgelate l’anno –. Tuttavia la pizza surgelata industriale ha dei vantaggi: è sempre a portata di mano, pronta in pochi minuti, è soggetta a severi controlli e deve rispettare alti standard di qualità. E, se scelta con attenzione, è anche buona».
Ecco quindi le sette cose che forse non tutti sanno sulla pizza surgelata. La prima è che non tutte quelle presenti nel banco dei surgelati sono prodotte nel nostro Paese: «La normativa corrente non prevede l’obbligo di indicare il Paese dello stabilimento di produzione, in quanto può bastare un generico “Made in Ue”: per sapere se la pizza è realizzata in Italia, bisogna fare più attenzione al retro della confezione» spiega Roncadin.
Altro consiglio è di leggere con attenzione la lista degli ingredienti: «Più corta è meglio è – prosegue sempre Roncadin –. Al di là della farcitura, la pizza è un alimento semplice e fatto di ingredienti basilari: farina, acqua, pomodoro, olio, sale e soprattutto, poco lievito».
Terzo elemento da considerare è che una buona pizza, sia artigianale sia industriale, non deve far venire troppa sete, indice di una quantità eccessiva di lievito.
Quarto: a fare la differenza è la qualità dei singoli ingredienti e per scoprire meglio le caratteristiche del prodotto è sempre necessario leggere bene l’etichetta. Quinto, lo spessore della base della pizza è una delle differenze principali tra la pizza del banco surgelati e quella del pizzaiolo. «Le pizze surgelate risultano di solito un po’ più spesse rispetto a quelle fatte a mano, in quanto il processo industriale abituale prevede che la pasta passi tra due rulli e, in questo modo, non si riesce a renderla molto sottile – spiega Dario Roncadin –. La pizza Roncadin fa eccezione, grazie al nostro brevetto di pressatura a caldo che consente di “schiacciare” la pasta senza tirarla, facendo diventare la base sottile come quella della pizzeria».
Sesto, considerare il metodo di cottura: il forno a legna è sempre preferibile perché consente di tenere sotto controllo l’umidità dell’impasto e di renderlo più croccante.
«Alla Roncadin – prosegue l’ad– disponiamo di due forni a legna in cui cuociamo le pizze, utilizzando legno di faggio certificato per uso alimentare. Dopo ogni cottura le spazzole puliscono il piano, che è in pietra refrattaria, da eventuali residui di pomodoro. I controlli sono rigorosi e dalle analisi non risulta la presenza di idrocarburi nei nostri prodotti».
Infine il topping più amato, la mozzarella: «Abitualmente si cuoce la pizza completa e poi si surgela, così quando a casa si rimette in forno, diventa gommosa e perde nel gusto. Per questo la nostra mozzarella è aggiunta solo dopo la cottura: così si cuoce solo una volta, come succede per la pizza artigianale» conclude.
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