La protesta: basta Cie a Gradisca

Insorgono i sindacati di polizia: la struttura non è attrezzata e il personale è ridotto
Bumbaca Gorizia 15.10.2015 Gradisca, profughi al CIE Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 15.10.2015 Gradisca, profughi al CIE Fotografia di Pierluigi Bumbaca

GRADISCA. Molto più che perplessi rispetto a un possibile ritorno della struttura gradiscana a regime di Cie i sindacati di polizia. «E questo per tre ragioni molto semplici – commenta Angelo Obit, segretario del Sap -: primo, pur essendo stata ristrutturata come Cie dopo le rivolte di tre anni fa, quell’ala dell’ex Polonio al momento non è attrezzata per il trattenimento. Il sistema di videosorveglianza non è attivo e le vasche di parcellizzazione sono aperte. Secondo: gli organici delle forze dell’ordine e della polizia in particolare sono ridotti all’osso. La coperta oggi è molto più corta di cinque anni fa, quando la struttura era destinata all’identificazione ed espulsione con le tensioni che conosciamo. E non vedo come a breve termine possano essere previsti rinforzi per garantire sia la sicurezza al Cie che il presidio del territorio. Terzo e non ultimo – prosegue Obit – per riconvertire l’attuale “Cara bis” alla sua funzione originaria di Cie bisognerebbe trasferire circa 300 richiedenti asilo in altre regioni italiane, e ha ragione la prefettura quando afferma che al momento questo è impossibile perché nelle varie strutture non ci sta più uno spillo».

L’ex Polonio si è specializzata nell’accoglienza dei profughi, nonostante il ministro Alfano avesse garantito che non vi sarebbe stato un maxi-Cara senza un’adeguata compensazione al territorio isontino. «Promessa evidentemente non mantenuta – psserva Obit –. Ciò che deve fare riflettere è il mancato ripristino del sistema antincendio e andrebbe verificata la funzionalità del sistema antintrusione, ma soprattutto considerare che se è una struttura destinata al rimpatrio dei mancati profughi rintracciati in regione che sono per la quasi totalità afghani e pakistani per cui per il loro riconoscimento vanno accompagnati alle strutture diplomatiche o consolari di Roma o Milano».

Al momento, sotto il profilo della gestione operativa pare che quello di Gradisca sia destinato a divenire un mini centro per il rimpatrio e smistamento di un piccolo numero di irregolari. «Ma – si domanda Giovanni Sammito del Siulp – cosa vuol dire "mini?» Da 50 posti, 100 o più? E i “miniCie” continueranno ad essere utilizzati per i rintracci di irregolari in altri territori, oppure ogni Regione diverrà autosufficiente? E ancora – argomenta – ospiterà irregolari di ogni genere come in passato o invece finalmente sarà destinato solo a soggetti nei confronti dei quali si rende necessario un supplemento di accertamenti in ragione della loro pericolosità? ». (l.m.)

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