La provincia di Pordenone importa il modello Marchionne
Nel documento per l’innovazione contratti di lavoro stile Pomigliano per attrarre produzioni. Tondo: Pordenone è leader nell’industria. «Il patto? Parola superata, conta quello che si fa»

PORDENONE.
L’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, fa proseliti in provincia di Pordenone. Nel patto in undici punti che ieri pomeriggio è stato presentato alla Campionaria dalle istituzioni pordenonesi c’è un passaggio sul controverso contratto di lavoro applicato a Pomigliano d’Arco. «È necessario creare le condizioni – si legge nel documento – per incentivare le grandi aziende multinazionali a sviluppare centri di competenze ad alto valore aggiunto sul territorio e accrescerle per numero di addetti. Inoltre, anche con strumenti non convenzionali, come è accaduto a Pomigliano, mirare a rendere attrattive le produzioni locali, attraverso contratti di secondo livello e incentivi al rientro».
E’ solo uno dei passaggi del progetto illustrato dal presidente della Provincia, Alessandro Ciriani, e dall’assessore Giuseppe Pedicini, che comprende piani di assistenza alle aziende attraverso distretti, accordi di filiera, il sostegno finanziario e manageriale all’innovazione, oltre a comitati di valutazione dei progetti imprenditoriali che diano risposte entro 90 giorni. Inoltre società, sul modello delle Ater, che riconvertano i capannoni industriali dismessi. Sulla necessità di un maggiore sforzo a sostegno del credito, sia da parte pubblica, sia da parte privata, ha insistito Ciriani «perché bisogna finanziare non i muri, ma le idee».
Il presidente di Unindustria, Maurizio Cini, ha rilanciato il progetto della lean manifacturing, una struttura che metta in rete le piccole e medie aziende per ridurre i costi di produzione e trasformare la vecchia Manchester d’Italia in una piccola multinazionale «visto che il mercato locale, ormai, nell’era della globalizzazione, non esiste più».
Sul fatto che contino le idee più che gli assetti istituzionali ha insistito il presidente del Polo tecnologico, Michelangelo Agrusti. «Condivido che nella struttura che presiedo – ha affermato – la Regione non debba avere la maggioranza delle quote per dissociarsi dalla gestione ed esercitare il controllo su quello che viene fatto». Nell’ultimo anno il Polo ha ospitato 40 nuove aziende, 20 delle quali nuove, frutto del tutoraggio tecnologico messo in campo. Il 29 marzo del prossimo anno, ha annunciato, verrà poi inaugurata la nuova sede, «frutto di un lavoro di squadra che coinvolge le istituzioni, contraltare di una politica nazionale dominata dal “tutti contro tutti”».
Se Silvia Acerbi, di Informest, ha ricordato i 40 progetti europei sui quali è impegnata la società, Giovanni Pavan, presidente dell’ente camerale, ha rammentato che le iniziative di internazionalizzazione hanno coinvolte 348 imprese, con 12 missioni, 7 interscambi e 16 aree Paese individuate. Infine il sindaco di Pordenone, Sergio Bolzonello, che ha ricordato progetti innovativi del Comune che hanno conquistato il podio nazionale, ma anche iniziative che non sono evolute, come lo sportello unico, «perché le amministrazioni dello Stato non riescono ad adeguarsi. Così mentre i Comuni che stanno in trincea danno risposte efficienti, i generali sulla collina dormono».
E Tondo? Come riferiamo nell’altro fascicolo ha insistito su talenti, competitività e sburocratizzazione, ma ha anche tolto “sacralità” al patto: «E’ una parola superata, servono i fatti per i quali a questo territorio riconosciamo la leadership industriale. Più che progetti locali, serve un’azione congiunta anche fondendo Fiere e Camere di commercio». Frasi che hanno fatto sobbalzare più di qualcuno degli ospiti presenti.
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