La Quiete, nomina sotto inchiesta
Pur di farsi nominare direttore generale dell’Asp La Quiete, nel maggio 2009, non esitò a imporre a colui che avrebbe dovuto verificare l’ammissibilità delle domande di predisporre un bando “a sua immagine e somiglianza”. A prevedere, cioè, che il profilo professionale richiesto rispondesse in pieno ai suoi requisiti. Questo, almeno, è quanto ipotizza la Procura di Udine, nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari avviate a carico di Salvatore Guarneri, 51 anni, residente a Pordenone, e, per l’appunto, attuale direttore generale dell’Azienda di servizi alla persona di via Sant’Agostino. Alla “correzione” in corsa del testo che sarebbe stato sottoposto poi al vaglio del consiglio d’amministrazione della Quiete, secondo gli investigatori, avrebbe partecipato anche il vicepresidente dell’Asp, Stefano Gasparin, 55 anni, di Udine. Per entrambi, l’accusa è di concorso nell’ipotesi di reato di concussione.
Non basta. Guarneri risulta indagato anche per l’ipotesi di tentato abuso d’ufficio, in relazione a un episodio che l’avrebbe visto comunicare in anticipo a una candidata gli argomenti del concorso pubblico per un’assunzione a tempo determinato alla stessa Quiete. Circostanza poi non verificatasi, in quanto la “favorita” decise di non presentarsi alla prova, preferendo evitare di immischiarsi in una situazione palesemente illecita.
Nell’inchiesta figura inoltre il nome di Michele Basso, 28 anni, di Udine. Coinvolto in qualità di allora presidente della Fondazione Morpurgo Hoffman, che nel 2012 subentrò alla fallita Promoservice srl nella gestione del personale della Quiete, dovrà rispondere proprio di un presunta irregolarità verificatasi nell’operazione che portò al riassorbimento della parte di dipendenti che erano stati posti in mobilità dopo la dichiarazione di fallimento. All’esito degli accertamenti condotti dai carabinieri, la Procura gli ha contestato l’ipotesi della truffa aggravata ai danni dell’Inps, per avere – questa l’accusa – consentito alla fondazione di beneficiare dello sgravio dei contributi che sarebbero dovuti essere versati per i lavoratori nei due anni successivi alla loro assunzione.
Gli indagati avranno ora venti giorni di tempo per presentare memorie e documentazione relativa a investigazioni dei rispettivi difensori, oltre che per chiedere al pm di essere interrogati. Partita più di un anno fa sotto il coordinamento del sostituto procuratore Marco Panzeri, che per le indagini si è avvalso del lavoro dei carabinieri del nucleo investigativo, l’inchiesta ha dunque puntato i riflettori su tre distinti filoni.
L’episodio che investe sia Guarneri, che all’epoca ricopriva soltanto il ruolo di direttore sanitario della Quiete, sia il vicepresidente Gasparin, è il più remoto. Entrambi abusando del proprio potere, avrebbero costretto l’allora responsabile del procedimento per la verifica dell’ammissibilità delle domande presentate dai candidati alla selezione pubblica per la nomina del nuovo direttore generale dell’Asp a modificare il testo del verbale che aveva già predisposto in bozza e che sarebbe stato portato all’attenzione del cda. A stonare sarebbe stato un inciso relativo ai curricula dei partecipanti. E per l’esattezza l’indicazione, tra i requisiti richiesti per aggiudicarsi il posto, di «competenze e pregresse esperienze professionali non soltanto in ambito socio-sanitario, ma anche di natura giuridico-amministrativo». Cioè in un settore nel quale Guarneri non avrebbe potuto vantare alcuna conoscenza. Da qui, la loro reazione: imperativa e, al tempo stesso, minacciosa. Stando alla ricostruzione accusatoria, infatti, dapprima avrebbero chiesto al responsabile come si fosse permesso d’inserire l’inciso nel verbale, lasciando intendere «conseguenze amare», qualora non avesse provveduto a eliminarlo. Poi, il solo Gasparin avrebbe rincarato la dose, dicendo al responsabile che per lui era giunto il momento di «cambiare aria», perché i suoi uffici cominciavano «a puzzare». Infine, sarebbe stato proprio Gasparin ad afferrare il verbale, strapparne la pagina sgradita e gettarla a terra. Ponendo così fine a qualsiasi ulteriore discussione.
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