La rabbia dell’ex fidanzato:«Dategli il massimo della pena»

PORDENONE.
È arrivato in tribunale dieci minuti prima della camera di consiglio durante la quale si è costituito parte civile con l’avvocato Massimo Ranaldi. Massimo De Biasio, 32 anni, imprenditore, porta ancora i segni del dramma di sette mesi e mezzo fa. Jeans e camicia nera, occhiali da sole, sale al primo piano del tribunale, saluta la madre della fidanzata uccisa, abbraccia le bimbe che gli vanno incontro.
Poi resta in disparte: «E’ più dura di quanto pensavo. Ogni sera penso a quanto accaduto, a quanto è successo. Guardo le foto di Sanaa che ho nel ristorante e abbasso gli occhi, pensando se potevo fare qualcosa per evitare quanto successo. Allora devo uscire un momento per riprendermi». All’inizio «ne parlavo in continuazione, ne avevo bisogno, ora è meglio di no».
Poi parla del processo: «Mi aspetto il massimo della pena e nulla di più». De Biasio, che rimase ferito nel tentativo di opporsi alla furia omicida dell’uomo, si è costituito parte civile, sottolineando che «la provvisionale sarà in parte a favore delle sorelline di Sanaa e qualcosa terrò per la refusione delle spese che ho affrontato per mettermi a posto dopo l’aggressione. Prima di tutto però si pensa alle piccole perché qui – ha aggiunto – non ci sarà niente da prendere».
Sul processo sostiene che «non ci sia un caso più eclatante, veritiero e con tutte le prove schiaccianti come questo, pertanto mi attendo una pena esemplare». Sul fatto che l’ergastolo per il presunto assassino sia solo una ipotesi, replica l’avvocato Massimo Ranaldi: «La difesa, secondo le procedure, ha comunque il diritto di ottenere il rito abbreviato», che consente lo sconto di un terzo della pena.
Aiuti alle sorelline di Sanaa sì, ma come è tutto da vedere dal momento che, aggiunge De Biasio, «ci sono stati nelle prime settimane ma ultimamente meno, in quanto sono sorte delle difficoltà per una sorta di ostruzionismo che avverto da chi circonda la famiglia. La possibilità di vederle è davvero molto limitata». Le chiama al telefono, chiama Fatna, le invita, «ma lei dice no». Con la comunità marocchina, invece, «non c’è alcun tipo di rapporto».
Una comunità che non alza muri. «Oggi tutta l’Italia si schiera dalla parte delle donne, dalla parte di Sanaa. Oggi in quel tribunale siamo tutte Sanaa»: è il commento di Souad Sbai, parlamentare del Pdl e presidente di Acmid donna - Associazione delle donne marocchine in Italia, costituitesi parte civile con gli avvocati Loredana Gemelli, già impegnata nel processo per la morte di Hina Saleem, e Gerardo Milani.
«La nostra presenza – prosegue Sbai – oggi vuole non solo rendere onore alla memoria di Sanaa, morta senza colpa se non quella di voler essere libera, ma è il simbolo della lotta senza quartiere che intendiamo ingaggiare per sostenere e proteggere le donne segregate e offese nella loro dignità».
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