“La Repubblica” rivela: “Ecco chi ha coperto il crac della Banca di Vicenza”

Nell’edizione di oggi, sabato 4 giugno, “Repubblica”, con un’inchiesta a firma di Franco Vanni svela tutti i segnali del crac della Banca di Vicenza ignorati da una vera e propria rete di protezione fatta da ispettori di Bankitalia, magistrati e Guardia di Finanza.
“Un castello di carte ridotto in cenere - scrive Repubblica -, bruciando in pochi mesi 6,2 miliardi di euro e lasciando sul lastrico 118 mila soci che avevano investito i loro risparmi in azioni passate dal valore di 62,5 euro a dieci centesimi”.
“Secondo quanto accertato dalla Bce negli anni passati - ricostruisce Franco Vanni, l’inviato di Repubblica a Vicenza -, la crescita di BpVi che nel ventennio di Zonin ha portato all’acquisizione di Banca Nuova e Cari Prato è stata sostenuta imponendo ai soci l’acquisto di azioni della stessa banca come condizione necessaria per la concessione di prestiti.
Una pratica denunciata da gruppi di piccoli risparmiatori già agli esordi della presidenza di Gianni Zonin. «Sin dall’inizio il suo intento era mettere al riparo la Popolare di Vicenza da verifiche e guai giudiziari - dice Renato Bertelle, avvocato di Malo, presidente dell’associazione nazionale azionisti BpVi -. Come lo ha fatto? Con nomine e assunzioni. Ha creato una rete di protezione, per evitare che franasse tutto. Ha cercato di mettere a libro paga quelli che potevano dargli fastidio, o i loro capi. E in molti casi ce l’ha fatta”.
Un sistema, insomma, che ha permesso di passare dai ranghi della magistratura, delle Fiamme Gialle, di Bankitalia a quelli della Popolare.
La diretta conseguenza del “sistema Zonin” è stata che “le inchieste avviate dalla procura di Vicenza sulla gestione di BpVi fino a oggi sonostate affossate da archiviazioni, prescrizione dei reati e sentenze di non luogo a procedere, arrivate dopo anni dall’apertura dei fascicoli”.
L’inviato di Repubblica ha intervistato anche Antonio Tanza, avvocato e vice presidente dell’associazione Adusbef, che prima del 2008 aveva presentato 19 esposti contro gli amministratori vicentini: “Le premesse del disastro erano chiare quindici anni fa”.
Poi parte la ricosturzione dei “passaggi” giudiziari a partire dal 2001 quando la Banca d’Italia invia gli ispettori a Vicenza che decretano: il valore delle azioni (44 euro) è poco oggettivo. Di più: la banca, nonostante si fosse all’inizio della presidenza Zonin, era già caratterizzata da un “modello gestionale verticistico che limita l’attività del Cda.”
C’è un ulteriore particolare che Repubblica ricostruisce e che dice molto sull’andazzo: “Luigi Amore, funzionario della Vigilanza di via Nazionale che ha firmato quella verifica, sarà poi chiamato alla Popolare come responsabile dell’Audit. Allo stesso modo Andrea Monorchio, dopo tredici anni come Ragioniere generale dello Stato, sarà nominato nel cda di BpVi fino a divenirne vicepresidente nel 2014. L’uomo che ha arbitrato i bilanci del Paese diventa una sorta di ambasciatore di Zonin nei palazzi romani del potere.
Sempre nel 2001 si apere un’inchiesta: Zonin è indagato per falso in bilancio. Ma la vicenda si chiude con una sentenza di non luogo a procedere.
Franco Vanni nella sua inchiesta ricorda un altro episodio significativo: “Adusbef nel 2008 segnala a Bankitalia e alla procura di Vicenza “il ricorso illegittimo da parte della Popolare al prestito obbligazionario subordinato per reperire 220 milioni dei complessivi 950 di rafforzamento patrimoniale” e denuncia “il valore inverosimile della quotazione azionaria”.
Per la prima volta, si fa riferimento a “metodi estorsivi per diventare azionisti, pena la mancata concessione di prestiti, mutui, fidi”, ipotesi alla base delle attuali inchieste aperte dopo il crollo. Nel 2008 il procuratore di Vicenza è Ivano Nelson Salvarani. L’inchiesta viene affidata al pm Angela Barbaglio, che il 15 aprile 2009 chiede archiviazione, “non ravvisando credibili ipotesi di reato”. Il 21 aprile l’ufficio del gip di Vicenza chiude il fascicolo senza nemmeno comunicarlo ad Adusbef.”
Poi tutta una serie di “assunzioni” di personaggi più o meno vicini alle istituzioni bancarie, quelle che avrebbero dovuto vigilare su Banca di Vicenza.
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