La storia del campanile di Mortegliano: quella colletta delle famiglie per regalare al paese «il dito che indica il cielo»

Il campanile di Mortegliano che, ormai da sessant’anni, svetta sulla pianura friulana, è il frutto di una bella vicenda di unione paesana che ebbe ad iniziare all’indomani della Seconda Guerra mondiale per completarsi con l’inaugurazione avvenuta il 20 settembre del 1959. Oggi può sembrare strano come una comunità intera possa mobilitarsi per realizzare un’opera di questo genere, ma allora non lo era affatto. I campanili erano segno di una identità, tant’è vero che in Friuli non se ne trova uno uguale ad un altro e Mortegliano era da tempo senza campanile pur avendo edificato nell’arco di più di mezzo secolo un maestoso Duomo.
La vecchia torre campanaria della cortina che aveva resistito ai turchi e ad innumerevoli fulmini, dopo che dal 1909 era sospeso il suono delle campane, s’era dovuta abbattere, perché pericolante, nel 1913. Le campane, poi, sistemate provvisoriamente nel cortile del cappellano vennero asportate dagli austriaci durante la grande guerra.
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Per anni si trovarono soluzioni precarie persino con la diffusione del suono da altoparlanti, ma già negli anni Venti si incominciò a pensare al campanile con un progetto degli ingegneri Ferrari e Liccaro del 1924, rimasto però nei cassetti del parroco monsignor Palese il cui successore, monsignor Comelli, pensò di acquistare in attesa di tempi migliori dei blocchi di pietra piasentina. La guerra, però, fermò tutto.
Nel 1948 venne nominato arciprete monsignor Valentino Buiatti, già assistente diocesano dell’Azione Cattolica e cappellano proprio a Mortegliano negli anni Venti quando s’era segnalato come “costruttore” edificando il cinema ricreatorio.
Buiatti, uomo di grande carisma e di grande fede, conoscitore profondo dell’animo dei morteglianesi, in quegli anni di ricostruzione e di rinascita, colse il momento favorevole per proporre di iniziare i lavori del campanile.
Si presentò in una affollata assemblea dei capifamiglia il 27 dicembre 1953 con tre modellini: uno di normale altezza in stile gotico tradizionale in sintonia con l’edificio del Duomo, uno medio con linee più moderne e uno di cui disse subito «sarà il più alto d’Italia» in stile gotico moderno. Un’ovazione di consenso accolse questa ultima proposta progettata dall’architetto Pietro Zanini, un maestro del razionalismo, protagonista con Midena di una grande stagione di progettualità in Friuli.
I costi si presentarono sin da subito molto elevatisi disse allora 150 milioni che poi sarebbero lievitati, ma il paese si mobilitò allevando i bachi da seta per conto della parrocchia, con i festeggiamenti, con le generose offerte degli emigrati, con ogni mezzo possibile “pro campanile”. Ciascuna famiglia si tassò secondo le proprie disponibilità in una vera e propria gara in cui brillarono soprattutto i più poveri. Ogni risorsa disponibile nella comunità venne impiegata a questo fine.
Il 28 marzo 1955 monsignor Buiatti riuscì a dare finalmente l’atteso primo colpo di piccone e per lo scavo delle fondamenta decine e decine di volontari offrivano il loro lavoro gratuito scavando ove si trovava l’antico cimitero della cortina. E lentamente incominciò a crescere e gli occhi di tutti erano puntati su quel manufatto, ma nonostante le difficoltà economiche dovute ai crescenti costi nessuno ebbe a scoraggiarsi.
L’ascetico monsignor Buiatti ci metteva tutto il suo prestigio e la fama crescente di santità e la gente, credente o non credente, compatta lo seguiva e si impegnava con una coesione ammirevole. In questo periodo anche le tradizionali divisioni paesane scomparvero per contribuire all’opera intrapresa. Così pure le ditte locali contribuirono per quanto possibile offrendo gratis o a prezzi ridotti prestazioni e materiali.
Al termine una croce alta quattro metri venne posta in cima al campanile il 16 maggio del 1959 e durante l’estate successiva vi vennero collocate pure le quattro campane. Così, dinanzi ad una folla immensa di migliaia di persone accorse da tutto il Friuli per l’eccezionalità dell’evento, il patriarca di Venezia Giovanni Urbani inaugurò il grande manufatto, che Paolo VI definirà «un enorme dito ad indicarci le realtà celesti».
Un giorno indimenticabile quel 20 settembre del 1959 per chi l’ha vissuto. Per la prima volta la televisione venne a Mortegliano e la radio portò la notizia in tutto il mondo. Il campanile divenne, ben oltre la sua funzione specifica, non solo segno religioso, ma simbolo di un intero paese, fissando il momento storico della transizione dalla civiltà rurale ai nuovi modelli di vita economica e sociale.
Nel dicembre successivo monsignor Valentino Buiatti sarebbe scomparso, lasciando un vuoto che non poco influì sul protrarsi dei debiti la cui ultima tranche verrà assolta solo nel 1972. L’edificio, proprio per questo, non venne completato, come nel progetto, al suo interno.
Negli anni Ottanta si manifesterà un fenomeno di logorio dei cementi armati che richiesero un massiccio intervento della Protezione civile regionale. Successivamente anche altri lavori interesseranno la struttura ed il castello delle campane più volte rifuse.
Un grande edificio,nel cuore di Mortegliano, che suscita meraviglia ed interesse per chi vi passa, ma è esposto, per la sua altezza e per i materiali di cui è fatto, alle insidie degli inquinamenti. Certamente, però, sempre testimone di una ormai lontana stagione, irripetibile, per la storia di un paese e della sua gente. —
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