La storia di una caserma orgoglio dei tolmezzini e che oggi scatena la rabbia contro lo Stato

TOLMEZZO. Più che la paura del virus, più che il rifiuto all’accoglienza, è la rabbia nei confronti di uno Stato sordo alle esigenze di una montagna agonizzante, ma pronto a rivendicarne le servitù, a mobilitare i tolmezzini in una compagine che travalica gli schieramenti politici.
Fino a qualche mese fa la caserma Cantore inorgogliva i residenti con la candidatura dell’ex villa Linussio tra i luoghi del cuore Fai, oggi su quegli spazi si progettano campi tendati per ospitare centinaia di profughi in quarantena.
Non basta l’emergenza sanitaria, tanto meno i necessari provvedimenti che si dovranno adottare a piegare l’orgoglioso diniego di quello che fu il capoluogo della Carnia, popoloso, florido, finito in balia di una crisi economica e demografica che nei decenni ha decimato la popolazione, prossima a scendere al di sotto dei diecimila abitanti.
Le chiusure del tribunale cittadino, della Procura, della sede della Polstrada e delle caserme degli alpini, prima la Del Din e poi la Cantore, hanno inferto duri colpi alla solidità di un’economia che già vacillava, scandendo quello che è stato percepito come un progressivo allontanamento dello Stato, che sul territorio ha lasciato le sue pesanti servitù.
L’ex caserma Del Din, dismessa ma non sdemanializzata, è ormai un rudere in centro storico; il poligono di Rivoli Bianchi un geosito di interesse naturalistico sul quale periodicamente convergono militari da tutto il Triveneto, armati di bombe e mortai per le esercitazioni; la Cantore, che fino a quattro anni fa ospitava 250 alpini, è una ferita che non cicatrizza, «una stella alpina – si disse al tempo – strappata dalle rocce per trapiantarla in pianura».
Primo fra i comuni di montagna, Tolmezzo aveva aderito allo Sprar, manifestando la propria disponibilità all’accoglienza: riteneva di aver esaurito il proprio contributo alla gestione dei migranti. Ma non aveva fatto i conti con l’emergenza sanitaria. —
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto