«La strada è come un killer: non abbiamo la percezione dei danni che sa provocare»

Parla Ivano Marchiol, fondatore del comitato “Autostoppisti”: vuole solo pedoni in città
L’udinese Ivano Marchiol, dopo l'incidente è sulla sedie a rotelle
L’udinese Ivano Marchiol, dopo l'incidente è sulla sedie a rotelle

Aveva 24 anni, una laurea in Scienze diplomatica, un tirocinio appena concluso in Tanzania e all’orizzonte una carriera che l’avrebbe portato lontano quando l’incidente stradale lo obbligò ad adeguare la sua vita alla sedia a rotelle a cui l’aveva costretto.

Oggi, Ivano Marchiol, 37 anni, si sposta in auto, viaggia, ma il suo orizzonte di vita è limitato a Udine. Non se la prende con la sfortuna o con il destino: «Ho conosciuto centinaia di situazioni del genere – afferma –, la strada è un serial killer e noi non abbiamo la percezione reale dei danni che può provocare».

Telefonini e distrazione, ecco le cause principali degli incidenti: nel 2018 sono stati 3.351
PICTURE POSED BY MODEL File photo dated 13/08/14 of a woman talking on her phone whilst driving, as the brother of a woman killed by a driver using a mobile phone has spoken of his fear people will think the problem has gone away. PRESS ASSOCIATION Photo. Issue date: Friday April 17, 2015. He spoke out after new figures showed the number of people given penalty points for the offence has fallen by almost a quarter. See PA story POLICE Mobile. Photo credit should read: Jonathan Brady/PA Wire


È questo il messaggio che Marchiol, il fondatore del comitato “Autostoppisti”, quello che si batte per la pedonalizzazione del centro storico del capoluogo friulano, indirizza ai giovani e agli automobilisti che ogni giorno si mettono in strada. L’incidente l’ha cambiato dentro costringendolo a «ragionare sulla situazione in cui mi sono venuto a trovare e a darmi delle risposte.

Oggi vivo solo, ho un lavoro e sono autonomo nei limiti che la mia condizione lo consente. Inevitabilmente – afferma – l’incidente mi ha fatto crescere». Ma sia chiaro – aggiunge – «non penserò mai che un incidente possa, alla fine, trasformarsi in una cosa positiva, questo non lo dirò mai perché sei costantemente sottoposto a sofferenze». Dopo l’incidente Marchiol ha trascorso nove lunghissimi mesi in ospedale senza riuscire a curare la lesione midollare, giorno dopo giorno ha capito che l’incidente l’aveva messo «di fronte al controllo di se stesso» e ha iniziato «a fare i conti con una sfera del globo che non aveva mai visto». Ha scoperto la manualità che l’ha portato a modellare il legno.

Difficile dire se la sofferenza ha alimentato la passione per la scultura – «forse sarebbe maturata ugualmente» sostiene – sicuramente questa esperienza gli ha insegnato ad affrontare i problemi in modo diverso. «Vado da mio nonno, prendo un pezzo di legno e decido di fare qualcosa. L’uomo è pensiero, ma anche corpo e manualità. Noi abbiamo perso questo fatto, io l’ho scoperto dopo l’incidente». Marchiol racconta la sua storia con una tranquillità quasi disarmante. «Ho deciso di restare a Udine, ho trovato un lavoro in banca e poi ho superato il concorso in Regione».

Ultimamente è sceso in piazza contro la riapertura al traffico di via Mercatovecchio , l’ha fatto perché – queste le sue parole – «considerato che il mio orizzonte di vita è Udine, quando ho visto realizzazione un’azione totalmente illogica come la riapertura al traffico di via Mercatovecchio, mi sono sentito obbligato di fare un passo avanti». Quel passo ha riportato il dialogo con gli amministratori convincendoli che la strada deve restare chiusa.

Marchiol non lega l’impegno civico all’incidente, non lo fa perché capisce che, al di fuori di certi contesti, l’uso dell’automobile è obbligatorio. Comprende il brivido che si può provare schiacciando l’acceleratore, ma questo non gli impedisce di ribadire che «se vuoi correre vai a Tolmezzo dove puoi utilizzare la pista. La strada – conclude – è come un puma addormentato e anche se hai la percezione di controllare te stesso non controlli il resto del mondo. I giovani e tutti coloro che viaggiano parecchio devono rendersi conto che hanno davanti a loro qualcosa di pericoloso, questo qualcosa va gestito per continuare il percorso di vita che, improvvisamente, potrebbe interrompersi».

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