La strada per Monte Croce e la frana tra Italia e Austria che ferma i turisti

Il vicesindaco di Paluzza, Scrignaro: prime disdette, problema serio. Traffico verso Tirolo e Carinzia, allertata l’ambasciata d’oltreconfine. Lungo la strada statale 52 bis sono stati rilevati 400 mila passaggi l’anno, di cui circa 10 mila mezzi pesanti

Giacomina Pellizzari

La frana separa l’Italia dall’Austria e mentre i politici regionali disertano i vertici con la Carinzia, l’Ambasciata d’oltre confine contatta il vice sindaco di Paluzza, Luca Scrignaro, per avere maggiori dettagli sulla situazione.

«Due giorni fa – racconta il vice sindaco subentrato a Massimo Mentil eletto in Regione – dall’Ambasciata austriaca mi hanno contattato per avere informazioni sulla frana. L’hanno fatto perché lo Stato ha ricevuto chiamate preoccupate da Tirolo e Carinzia per la possibile congestione del traffico in quelle zone a seguito della chiusura della statale 52 bis.

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Se l’Austria immagina che il traffico si sposti in Tirolo noi immaginiamo che quel traffico non transiti in Friuli Venezia Giulia: se qualcuno vorrà andare a Lignano, Grado o sul Collio seguirà percorsi alternativi, ma chi vorrà andare semplicemente al mare sceglierà altre destinazioni».

Scrignaro osserva la montagna ferita, elenca le possibili soluzioni, dalla bonifica della frana, dal traforo al percorso alternativo, e pur auspicando interventi in tempi brevi la realtà lo costringe a fare i conti con «le prime disdette, assunzioni di giovani addetti alla ristorazione mancate e il calo di introiti per le attività non solo al passo».

Il problema è complesso e da queste parti l’impressione è che molti, non solo tra i politici, non se ne stiano rendendo conto. A Paluzza e Timau attendono il verdetto dei geologi a cui l’Anas ha commissionato lo studio che dovrebbe arrivare entro fine anno. Intanto registrano il bisticcio tra Regione e Comune e il rinvio del vertice con i carinziani.

La situazione

Nel giovedì prima di Natale, a 20 giorni dall’interruzione della strada, c’è ancora qualche automobilista che superata la Casetta in Canadà, arriva davanti alla barriera metallica e impreca, non ha letto i cartelli e non sa che la strada è chiusa. Allarga le braccia, inserisce la retromarcia e se ne va.

Allarga le braccia pure il vice sindaco nell’indicare un versate insicuro e una strada stretta non più idonea alle necessità degli anni Duemila. Teme che la situazione resti immutata a lungo e pensa alle attività che la prossima estate non serviranno centinaia di coperti al giorno ai turisti in arrivo dal valle del Gail.

Lassù ci sono un ristorante, un bar e un negozio: «Auspichiamo che prima dell’estate la strada possa riaprire ma sappiamo che è una boutade» ripete Scrignaro ben conscio che l’ipotetica deviazione dalla val di Collina richiede anni di lavoro e un investimento milionario. «Vedremo – aggiunge – se l’Anas ci darà l’autorizzazione alla bonifica e quale sarà l’ordine di grandezza economica, sapendo che, in ogni caso, rimarrà una strada inidonea alle esigenze attuali».

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L’amministrazione comunale di Paluzza mette sul piatto del bilancia costi e benefici: «Se la bonifica consente di riaprire la strada a maggio questa opportunità va valutata, ma non possiamo dimenticare che la tenuta della galleria è seriamente compromessa». Poco sopra la barriera in ferro che impedisce il transito, c’è un grande masso ancorato con tiranti in ferro. Buttando lo sguardo oltre la rete si notano altri massi rotolati dal versante e finiti contro il guardrail trascinandolo, assieme a qualche pianta, lungo il pendio.

L’immagine è inquietante, testimonia la forza della natura messa a dura prova dai cambiamenti climatici. Basta guardarsi intorno per comprendere che il rischio idrogeologico è reale, manca la neve, l’atmosfera non è certo natalizia e le uniche tracce evidenti sul terreno sono quelle della fauna selvatica.

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«Su questa strada, nel 2022, l’Anas ha registrato 400 mila passaggi, di cui circa 10 mila mezzi pesanti» continua il vice sindaco facendo notare che le ricadute economiche sono già molto evidenti».

Lassù l’impressione è che in Regione non si rendano conto a sufficienza delle ricadute economiche legate ai transiti lungo la statale 52 bis. Diversa la percezione oltre confine.

Le comunità di Paluzza e Timau lo sanno bene e ora che la paura è passata e che nelle pizzerie, nei ristoranti e nelle attività commerciali mancano i clienti austriaci e non solo, perché dal passo di Monte Croce Carnico arrivavano anche dall’Olanda e dall’est Europa, molti conti non tornano. I montanari non credono alla soluzione a breve termine.

Le ricadute economiche

Le ricadute economiche sono sotto gli occhi di tutti. Basta fermarsi al distributore di benzina per comprendere la preoccupazione del gestore. Alla stazione di servizio Tamoil, prima del ponte di Sutrio, non nascondono la preoccupazione: il calo dei clienti è già evidente, qui nessuno crede che prima dell’estate la statale 52 bis torni percorribile. Da oltre confine, oltre ai turisti austriaci, tedeschi e olandesi giungevano anche i biker e i mezzi per il trasporto del legname.

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L’ingresso degli austriaci nei boschi carnici non è più una novità. Anche il gestore della stazione di servizio alza le braccia e si affida a una doverosa speranza che la situazione possa mutare.

Analoga la situazione ai Laghetti di Timau, il complesso sciistico caro alla campionessa olimpica Manuela Di Centa. Nonostante la scarsità di neve fresca, la pista di fondo è pronta, «dal 16 dicembre abbiamo aperto un anello di 1,8 chilometri» conferma Rita Veritti, subentrata non da molti mesi alla precedente gestione.

«La strada chiusa è un danno per le attività – continua – non sappiamo cosa aspettarci. Questo è un punto di passaggio, abbiamo il parcheggio dei camper, ma all’orizzonte non c’è niente di promettente. Vedo pochi risultati anche perché da giorni non vendiamo transitare i mezzi dei tecnici impegnati nei sopralluoghi. Li abbiamo notati nei giorni immediatamente successivi alla frana, poi più niente. Qui finisce, è tutto morto».

Poco più avanti, nel centro del paese, anche la pizzeria Bunker soffre la mancanza della clientela austriaca.

«Noi lavoravamo tantissimo con l’Austria, circa il 40 per cento della nostra clientela arrivava da oltre confine. Dalle 17,30 alle 19 i clienti storici venivano a trovarci tutte le settimane, anche nei giorni non festivi. Il fatto che questa bella fetta di lavoro non ci sia più è un problema» spiega Marta Agostini, nata e cresciuta in Umbria, regione che ha lasciato dopo aver trascorso diverse estati a Timau al punto da lasciarsi ammagliare dalla montagna fino a sceglierla come luogo in cui vivere.

La pizzeria è aperta dal mercoledì alla domenica e la prima fascia della clientela era per buona parte austriaca. «Ora iniziamo a lavorare dalle 19, per noi è un danno» ripete Agostini guardandosi bene dal chiede rimborsi anche se qualche promessa è già stata formulata. Tutti vogliono tornare alla normalità.

«D’inverno non c’è passaggio turistico, da noi vengono gli abitanti di Mauthen, ma d’estate transitano camper e motociclisti diretti a Lignano e andando e tornando si fermano a Timau» insiste Agostini osservando la strada deserta in un luogo fortemente caratterizzato dal confine di Stato.

A Timau vive e lavora il consigliere regionale del Pd, Massimo Mentil, pure lui segue con attenzione e preoccupazione l’evolversi della situazione.

Le ricadute della chiusura al traffico della strada statale 52 bis si avvertono anche nelle pizzerie e nei locali pubblici di Paluzza: «L’altro giorno due ragazze sono venute a dirmi che la loro assunzione è venuta meno per la mancanza della clientela austriaca» conferma il vice sindaco sollecitando una maggiore attenzione da parte di tutti verso il problema che, come già detto, è grave per l’economia della montagna.

A risentirne è anche il polo turistico invernale dello Zoncolan, molti sciatori della domenica arrivavano da oltre confine, percorrendo la statale 52 bis.

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