La strana Via crucis senza i figuranti «Ma Erto non si piega»

Hanno suonato a ripetizione gli antichi tamburi per affermare che nemmeno il coronavirus può fermare una tradizione che va avanti da 400 anni. E mentre per il paese vecchio risuonavano i tocchi sordi e profondi, tutti gli abitanti erano alle finestre e sulla soglia di casa a partecipare a una Via crucis ideale ma non per questo meno intensa.
È stato un Venerdì santo che resterà comunque nella storia quello appena conclusosi a Erto dopo che l’emergenza Covid-19 ha imposto lo stop alla secolare processione. A renderlo ancor più sensibile è stata la lettura di un testo di Beatrice Sartor, «scritto nella rapidità del momento perché è nell’urgenza di dover dire e fare qualcosa che nascono i sentimenti più veri, se non i migliori».
Le parole di Sartor sono confluite in un videomessaggio girato in poche ore tra il verde della valle da Francesco Guazzoni e Alessandro Pasian. Il filmato è stato poi fatto circolare in internet per consentire anche al “pubblico” di partecipare comunque all’evento.
L’idea del flash mob e del video sono nate dall’inventiva di Ketty Martinelli, un’altra giovane del paese che non si rassegnava alla prospettiva di veder annullati i “Cagnudei”, cioè il Venerdì santo di Erto. «La Processione venne sospesa solo nel 1964 a causa del Vajont – ha detto Sartor nel suo appello all’unità in questo momento di prova –. Dopo il disastro, il primo gesto di riappropriarsi della nostra identità fu mettere in scena la Via crucis e dirsi l’un l’altro che eravamo tutti insieme e insieme potevamo farcela. È stato quello il seme di tutto ciò che è venuto dopo, dalle battaglie per i diritti a quella per ottenere giustizia. Siamo tornati e abbiamo detto che noi c’eravamo».
Il toccante video, che in poche ore è diventato virale sui social grazie a una lunga serie di condivisioni, ricorda come «la Passione di Cristo sia in qualche modo la passione di Erto, umiliata e tradita ma poi capace di risorgere».
«Nel 2020 i Cagnudei sono stati invisibili agli occhi ma non al cuore e non all’animo», è stata la conclusione tra il suono dei tamburi, gli stessi che dal 1600 aprono il cammino dei figuranti che mettono in scena le ultime ore della vita di Gesù. –
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