La testimonianza: Rossella Corazzin e quella festa sulla montagna

UDINE. «Sulla scomparsa di Rossella Corazzin forse si può ancora fare luce, anche se sono passati 43 anni. Si può riaprire il caso perché le rivelazioni di Angelo Izzo (noto come mostro del Circeo e ora detenuto a Velletri dove sta scontando un doppio ergastolo, ndr) sembrano compatibili con quello che era emerso negli anni Settanta».
Sono le parole dell’ispettore superiore Giovanni Fantini, investigatore friulano oggi in pensione e che dal ’73 al ’77 prestò servizio alla questura di Belluno.
Allora la ragazza, di San Vito al Tagliamento, aveva 17 anni ed era in vacanza con la famiglia a Pieve di Cadore, nella frazione di Tai di Cadore. Il 21 agosto 1975 era andata a fare una passeggiata con il padre. «Quest’ultimo, a un certo punto – ricorda l’ex poliziotto – , si era fermato perché era stanco.
Si era seduto su una panchina e la giovane aveva proseguito a piedi per un po’, fino a raggiungere una sorta di pianoro dal quale, secondo diverse testimonianze, in quei giorni si erano udite urla e musica ad alto volume».
Angelo Izzo, uno degli assassini del “massacro del Circeo” pochi giorni fa ha raccontato ai magistrati la sua verità sulla scomparsa dell’adolescente, finora rimasta un giallo.
E ha spiegato che scelsero lei «perché era vergine», la rapirono, la portarono in una villa vicino al lago Trasimeno (Perugia) dove la violentarono ripetutamente e infine la uccisero nell’ambito di una sorta di rito satanico.
«Izzo ha parlato di un fuoristrada – riprende Fantini – e anche una testimone chiave che avevo sentito io stesso a verbale, la donna che all’epoca gestiva un negozio di alimentari proprio a Tai, aveva confermato di aver visto una ragazza che poteva sembrare Rossella su una jeep. Era con altre persone e pareva stanca, assonnata o forse ubriaca».
Certo, per completare il puzzle mancano ancora molti elementi. Izzo dice, attraverso il suo avvocato, di aver partecipato alle violenze, ma non all’uccisione. Ma chi erano gli altri? Cosa è successo davvero? I punti oscuri, dopo decenni, sono davvero tanti.
«Mi assegnarono il caso circa un anno dopo, nel 1976 – ricorda ancora Fantini –, io andai dai genitori, parlai con loro e poi per una settimana indagai a Tai, insieme a un collega.
Noi ci eravamo fatti l’idea che Rossella, che in quel momento si stava affacciando alla vita, fosse incuriosita da quella sorta di festa organizzata in montagna.
Solo di recente ho letto sui giornali – prosegue l’investigatore – che la diciassettenne aveva confidato ad alcune amiche di aver conosciuto alcuni giovani, forse artisti, proprio in montagna. E questa circostanza non era emersa ai tempi. In quegli anni non si parlava nemmeno di omicidio e nessuno fu indagato.
Vennero fatti accertamenti su un trentenne che viveva in una specie di casolare nel bosco, a pochi passi dai luoghi da cui era scomparsa Rossella. L’abitazione venne anche perquisita, ma non emerse alcun collegamento con la ragazza».
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