La tragedia di Udine e quel senso di vuoto che fa paura ai giovani - Il commento

Essere adolescenti oggi è ancora più difficile rispetto a qualche anno fa: sì perché i ragazzi oggi hanno poca dimestichezza con il vuoto. È come se il vuoto, quando si presenta per la prima volta nelle loro vite, fosse qualcosa di inedito, una sorpresa, qualcosa di mai visto
Udine 5 ottobre 2018 binario 1 Petrussi foto Massimo Turco
Udine 5 ottobre 2018 binario 1 Petrussi foto Massimo Turco
Tutte le volte che qualcuno mi dice che in fondo l’adolescenza è l’età più bella della vita, mi viene sempre da guardarlo negli occhi per chiedere almeno con lo sguardo se sta facendo sul serio o se scherza. Col cavolo che è l’età più bella della vita: forse non per tutti, ma di sicuro sono tantissimi i ragazzi che io conosco che, se gli chiedi di descrivere gli anni che stanno attraversando, usano fra le altre parole come: tempesta, naufragio, buio, notte, paura e ansia.

Alice uccisa a 16 anni nel bagno dall’eroina: è caccia a chi ha rifornito i ragazzi
Alice Bros aveva 16 anni: il suo corpo senza vita è stato trovato in uno dei bagni della stazione di Udine


Ed essere adolescenti oggi è ancora più difficile rispetto a qualche anno fa: sì perché i ragazzi oggi hanno poca dimestichezza con il vuoto. È come se il vuoto, quando si presenta per la prima volta nelle loro vite, fosse qualcosa di inedito, una sorpresa, qualcosa di mai visto. In tutti i sensi impediamo ai ragazzi di affrontarlo, di parlarci e andarci vicino, di guardarci dentro, e invece è importante farlo, perché solo attraverso un’educazione a riconoscere il proprio vuoto è poi possibile affrontarlo con coraggio. Scacciarlo non serve a niente: quando e se ti si presenterà nelle forme in cui sa fare più male, non saprai come reagire, fuggirai o lo anestetizzerai nell’alcol o nelle droghe.
 
No, i ragazzi oggi non conoscono il vuoto perché fin da piccoli impediamo loro di annoiarsi, togliamo loro qualsiasi momento libero, li riempiamo di attività, di cose da fare. In questa fretta ansiogena per cui ogni minuto deve essere occupato, non hanno fisicamente il tempo di guardare dentro sé stessi. E poi, quando un pochettino più grandi cominciano a conoscere il vuoto e le sue dimensioni più buie, siamo subito pronti a curarli, a trattare questa fase decisiva e ineludibile della vita come una sorta di malattia da estirpare, o peggio, facendoli sentire in colpa, diversi, strani, quando molto spesso sono solo spaventati.

Non giudico e non voglio dire nulla sulla ragazza che è morta di overdose perché non conosco la sua storia: quello che so è che se una ragazza di sedici anni muore così dobbiamo interrogarci tutti, tutti dobbiamo guardarci negli occhi e cercare di capire cosa ci sta succedendo. Affrontarlo per primi noi, il nostro vuoto. E forse è questo che ci fa più paura. 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto