La tragedia in Pakistan, il capospedizione racconta: “Ecco cos’è accaduto”

Enrico Mosetti dal Campo Base del Laila Peak, a quota 4160 metri, ci fornisce la testimonianza sui fatti accaduti durante il tentativo di scalata nel corso del quale Leonardo Comelli, 27 anni è precipitato

UDINE. “Eravamo praticamente arrivati al campo intermedio, a quota 5320. Mancavano solo i cento metri del traverso e una leggera salita per raggiungere le tende. In quel punto Leo è scivolato.”

Il capospedizione Enrico Mosetti dal Campo Base del Laila Peak, a quota 4160 metri, ci fornisce la testimonianza diretta sui fatti accaduti durante il tentativo di scalata alla splendida cima pakistana, tentativo durante il quale Leonardo Comelli, 27 anni, di Muggia, ha perso la vita in un incidente.

Ce l’avevano quasi fatta, in tutti i sensi, essendo arrivati ad un soffio dalla cima in salita e poi ad un soffio dal campo intermedio in discesa.

“Per la cima mancavano circa duecento metri. Ci trovavamo sul punto in cui la cresta incomincia a spianare, alla fine del tratto ripido e difficile.

Abbiamo tentato di proseguire, ma c’erano più di sessanta centimetri di neve fresca e con la neve oltre la vita proseguire era come scavare una trincea.

Troppo faticoso, troppo tardi: era un rischio raggiungere la vetta. Alle undici, ad una quota di circa 5900 metri, ci siamo ritirati”.

Quasi al termine della discesa poi, all’inizio del traverso finale, Leonardo era rimasto ultimo. Mentre stava attraversando, Zeno Cecon lo ha visto cadere.

Le code degli sci si sono impigliate in una “rigola” ghiacciata facendogli perdere l’equilibrio all’indietro. Erano circa le dodici ora locale (le nove del nostro fuso orario) .

“Di tratti così ne avevamo passati diversi lungo la discesa - continua Enrico - e Leo non aveva avuto nessuna esitazione. Le temperature erano basse e la neve è rimasta dura tutta la mattina, senza mai mollare.

Anche per questo abbiamo proseguito la salita fino alle undici, sperando che il manto si ammorbidisse un po’.

Al dietrofront gli abbiamo chiesto se preferiva scendere senza sci, usando piccozza e ramponi, ma ha risposto che si sentiva tranquillo con gli sci ai piedi. E infatti fino al traverso finale non ha avuto alcun problema”.

Al momento dell’incidente Zeno ha raggiunto i compagni che erano quasi alle tende ed è partito subito assieme ad Enrico per andare a cercare Leo, mentre Carlo Così ha avuto il compito di smontare il campo e portare giù tutto il materiale al Campo Base.

“La caduta è avvenuta sopra il limite superiore di un grande seracco. Abbiamo aggirato il salto del seracco e avvistato poco sotto i suoi sci uno dopo l’altro, poi lo zaino. Il corpo era più lontano, quattrocento metri più in basso”.

I ragazzi volevano costruire una barella, ma rimanevano solo i propri sci, e quelli servivano per continuare la discesa fino al Capo Base, distante ancora tre ore da quel punto. Così hanno deciso di trasportare l’amico per cento metri in un luogo sicuro per seppellirlo con la neve.

Poi han coperto l’improvvisato tumulo con una giacca rossa e un bastoncino segnaletici. Ora saranno le autorità a recuperare il corpo di Comelli e a riportarlo in Italia ai suoi cari.

“Ho parlato con l’ambasciatore, ma non mi è chiaro se manderanno dei portatori o un elicottero. Noi rientriamo a Skardu e poi da lì, cerchiamo un biglietto aereo per l’Italia per rientrare domenica”.

Nel frattempo sulla bacheca Facebook di Comelli, gli amici stanno continuando a scrivere accorati messaggi di addio.

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