«L’accesso al bar dell’ospedale va vietato anche ai degenti»

È scontro fra i rappresentanti sindacali degli infermieri del San Giovanni di Dio e i vertici dell’Azienda sanitaria sul provvedimento, entrato in vigore nei giorni scorsi, che proibisce al personale di usufruire del servizio bar indossando il camice bianco o, comunque, la divisa di servizio.
Luca Petruz, segretario provinciale del Nursind, ha scritto una mail al direttore generale Giovanni Pilati e ai suoi più stretti collaboratori per esprimere tutto il malumore con cui è stata accolta questa decisione. «Ma non solo - rimarca Petruz -. Oltre all’aspetto del clima in cui si lavora, che ormai in questa azienda sembra essere una barca che affonda sempre più in basso, ciò che emerge è, per l’ennesima volta, una disparità di trattamento. Se il divieto è dovuto perché si intende di garantire l’igiene al servizio, mi chiedo come possa allora essere aperto il bar a degenti provenienti da tutti i reparti che vi si recano anche con fleboclisi, nutrizioni parenterali o sacchetti da catetere vescicale o sondini naso gastrici, oppure a parenti che sostano per ore in reparto e poi passano in bar per un panino o un caffè. Come si può garantire che i pigiami, i vestiti e le mani di pazienti, parenti, ma anche medici in borghese siano più puliti delle divise degli altri dipendenti? O ci si basa sul buon senso e sulla cultura igienica delle persone, qualsiasi cosa indossino e qualsiasi figura professionale rappresentino, oppure nessun criterio può essere oggettivo per definire cosa sia igienico e cosa non lo sia»,
«Se il nuovo regolamento - osserva ancora il segretario del Nursind - vuole invece limitare le “interruzioni di servizio”, non credo che solo chi sia in divisa interrompa il proprio servizio per un caffè (cosa che vedo come un minuto di svago in turni sempre più massacranti di lavoro) la dirigenza, i medici o chi invece una divisa non la indossa non fruisce mai in orario di servizio del bar? O stimbrano e ritimbrano prima e dopo la pausa caffè? Quindi, senza prendersi in giro, ditelo che questa modifica al regolamento non è nient’altro che l’ennesimo giro di vite su persone già al limite e non per colpa loro».
Petruz conclude chiedendo una revisione del regolamento che sia «meno restrittiva e meno castrante per quei pochi minuti di svago di tutte le figure che lavorano in azienda. Credo - chiosa - che nessuno crei disservizio per un caffè. Forse, un clima più sereno aiuterebbe a dare anche qualcosa in più».
Proprio oggi l’argomento sarà affrontato, assieme a questioni riguardanti la mobilità, in un incontro tra sindacati e azienda. Le nuove disposizioni erano state giudicate negativamente anche da Massimo Peressini della Uil, che nei giorni scorsi si è recato provocatoriamente al bar indossando il camice bianco.
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