L'addio di Pordenone a Demetrio Moras

Celebrati in duomo i funerali del patron della Pn pedala. Il ricordo del sindaco: se la città avesse tanti figli così, potrebbe rinascere a vita nuova

PORDENONE. Resterà la fotografia dei palloncini che salgono al cielo, colorati come quelli che volavano allo start della Pordenone pedala, “scattata” in uno dei pochi momenti di sole della giornata. Resterà il ricordo dell’ultimo intervento pubblico, alla consegna del Premio San Marco, il 25 aprile, sul valore della famiglia, dell’amore per la vita, nonostante stesse per vincere la malattia.

Resteranno il suo spessore morale ed etico, la sua «infinita generosità», la sua “pordenonesità”, espressa attraverso innumerevoli iniziative, soprattutto sportive e culturali. Lui, come dicono gli alpini tra alpini, è andato avanti, ma la sua testimonianza resta ed è proposta nel giorno dell’addio dal parroco e rilanciata dal sindaco: «Se Pordenone avesse tanti figli così, potrebbe rinascere a vita nuova, l’attenzione al benessere sociale rifiorirebbe, dando slancio alla città in un momento in cui le aspettative e l’impegno sembrano venire meno. Ecco la forza che ci lascia Demetrio Moras».

L’addio al patron della Pordenone pedala, all’alpino parà, al commerciante e presidente di tante associazioni, soprattutto sportive, è occasione per dare una scossa alla città, davanti a tanti suoi amministratori, di ieri e di oggi, e a quella Pordenone che Demetrio frequentava e amava – «“pagato” con un applauso», per dirla con le parole di Luigi Tomadini – ovvero a tanta gente comune.

Funerali solenni, in duomo San Marco, concelebrati dal parroco Otello Quaia, dal vicario episcopale Basilio Danelon, da molti sacerdoti tra cui Leo Collin, Ettore Aprilis, Roberto Laurita, Aldo Toffan, Flavio Martin. Nell’omelia il celebrante ha richiamato il libro di Giobbe, laddove dice che «il giusto sarà sempre ricordato, non temerà annuncio di sventura», e la motivazione del premio San Marco, «che vorrei risuonasse in tutta la città».

Tratteggia il Demetrio di tutti i giorni, «eclettico, di grande spessore morale ed etico, di infinita generosità, organizzatore della Pordenone pedala per 42 anni, fondatore della sezione paracadutisti d’Italia, giudice di gara, fondatore del Gruppo astrofili grazie al quale ha istruito centinaia di ragazzi, promotore della rinascita di piazza Risorgimento, esempio positivo soprattutto per le nuove generazioni».

Pordenone ha dato l'addio a Demetrio Moras

Ecco Demetrio, colui che sapeva parlare col vip piuttosto che con l’uomo della strada, trattandoli con rispetto e cortesia, allo stesso modo: «Ha sempre avuto attenzione verso i bisogni degli altri». Un uomo, ha scritto il vescovo Giuseppe Pellegrini in un messaggio, «che è stato esempio e testimonianza per tutti, anche per me. Un uomo di grande fede, che resta di stimolo perché i giovani si impegnino per il bene comune».

Di Demetrio, ha detto il parroco, «cogliamo l’infinita generosità, il sacrificio e l’impegno continuativo, il forte attaccamento alla città», atteggiamenti e valori «che non tramontano». Dunque, l’appello-auspicio, davanti ai rappresentanti delle istituzioni: «Pordenone se avesse tanti figli come Demetrio potrebbe rinascere a vita nuova. La nostra città riceve una forza grande, se vogliamo conservare la sua testimonianza. Raccogliamo ciò che ha seminato, facciamone tesoro, sia sprone per una convivenza più amabile».

“Padre nostro” recitato attorno al feretro su cui poggiava un cuscinetto di rose rosse disposte a cuore, dalla moglie Paola, dai figli Nicoletta e Massimo, come il giorno del battesimo, quindi la preghiera dell’alpino e del paracadutista. Il ricordo del sindaco Claudio Pedrotti, con fascia tricolore (in chiesa anche i precedessori Sergio Bolzonello e Alfredo Pasini): «Ha donato se stesso alla città. Con lui ebbi discussioni anche molto accese, ma l’onestà guidava le sue posizioni, credeva in ciò che faceva». Amava lo sport, «ovvero le regole, la lealtà, il rispetto degli altri», una somma di valori «che lo hanno accompagnato tutta la vita».

Dopo il “Signore delle cime”, sono usciti dalla concattedrale decine di gagliardetti degli alpini, labari di associazioni, in primis paracadutisti e insigniti, per l’ultimo saluto, sul sagrato pieno di gente. «Alpino Demetrio Moras!», fa l’appello il cerimoniere. «Presente!», rispondono tutti. Parte il Silenzio, l’ultimo, mentre il cappello con la penna viene consegnato alla moglie Paola.

E’ l’addio, col lancio dei palloncini colorati per mano dei bambini della scuola Passione arte danza, uno dei sodalizi che presiedeva. Tra tanti colori, un grande cuore vola in cielo assieme a disegni e fogli, tutti con sole due parole: «Grazie Demetrio».

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