L’affondamento del Galilea tragedia alpina, a bordo un cugino del Papa

Nel 1942 il siluramento del convoglio con il battaglione Gemona. Paolo Montina: «Si salvò Giovanni Bergoglio»

Notte del 28 marzo 1942, Mar Ionio. Il piroscafo Galilea è in rientro dalla Grecia. Sono 1.329 gli uomini a bordo. Dopo il siluramento, solo 279 i superstiti, tra cui un cugino di Papa Francesco, il sergente Giovanni Bergoglio. L'opera di Paolo Montina è «un documento storico inedito, più che un nuovo libro sulla campagna di Grecia», come si legge in quarta di copertina, e non potrebbe essere altrimenti, essendo il risultato di una ricerca negli archivi storici durata più di due anni, intrecciata al materiale inedito fornito dalle famiglie dei militari coinvolti. Un immane e appassionato lavoro, quello di Montina, alpino che coltiva la storia del Friuli e in particolare dell penne nere, già autore di altre opere (tra cui Alpini a Tarcento tra ’800 e ’900 e Novantesimo di fondazione della sezione Ana di Udine, 1921-2011), nonché referente del Centro studi Ana provinciale.

– Montina, com'è nata l'idea di realizzare La tragedia alpina del Galilea, 28-29 marzo 1942?

«A distanza di più di 70 anni, mancava un'opera completa sui fatti e sul personale imbarcato sul Galilea, in buona parte composto da nostri corregionali e compaesani. Il progetto iniziale era nato in collaborazione con il gruppo Ana di Muris (Ragogna), che custodisce il monumento ai Caduti del Galilea. Ma il materiale era troppo, così sdoppiai la ricerca. Da un lato, con il supporto del Comune di Ragogna, il volume sulle cerimonie in ricordo del piroscafo; dall'altro, grazie all'interessamento dell'editore Aviani & Aviani, con il sostegno dell'amministrazione gemonese e dell'Ana locale, quello sulla vicenda storica e sui nostri soldati».

– Nel libro si spazia dalle operazioni di recupero dei superstiti e del relativo rimpatrio, alle cerimonie dedicate al ricordo del piroscafo nel dopoguerra. Cos'è che l'ha spinta a indagare?

«Certo, si tratta di uno dei tanti episodi della seconda guerra mondiale, ma il numero delle vittime, in relazione alle possibilità di intervento, fu altissimo. Se pensiamo che il piroscafo affondò in quasi 5 ore, trovandosi a meno di dieci miglia dalla costa e con una nostra unità presso di essa fin dai primi minuti del disastro, non possiamo fare a meno di pensare che qualcosa non deve aver funzionato come doveva. Il mio lavoro, grazie anche al prezioso stimolo di Augusto de Toro, cultore della storia della Regia Marina, si fonda su una serie di interrogatori e testimonianze provenienti dall'ufficio storico della Marina Militare, dell'Esercito e dell'Arma dei Carabinieri, fino alle memorie di chi, quella notte, si trovava sulla nave».

– I nostri soldati appunto...

Sì... Il Galilea, che trasportava quasi al completo il battaglione Gemona, fu affondato da un sommergibile inglese nella notte tra il 28 e il 29 marzo 1942, presso l'isoletta greca di Paxo. Dai dati raccolti, risulta che sul piroscafo erano imbarcati complessivamente 1.329 uomini (969 alpini) che ho suddiviso per corpo e reparto, con nome, cognome, anno di nascita, il tutto corredato da diverse fotografie. Tra i 279 sopravvissuti, vi era anche il sergente Roberto Macagno, vivente. Proprio dalla testimonianza di quest'ultimo, inviatami dal figlio Gabriele, emerge che assieme a lui, si trovava pure il sergente Giovanni Bergoglio, medaglia d'argento conquistata sul Golico, classe 1917, della provincia di Asti. Da quanto comunicatomi, il sergente era cugino in secondo grado di Papa Francesco, dal momento che i rispettivi nonni erano fratelli. Nella foto di pagina 230, alla sinistra di Macagno, ci sarebbe Bergoglio: uno spunto che ci pare interessante e che stiamo ora approfondendo...».

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