«L’allievo ha superato il maestro»

È stata una serata indimenticabile quella offertaci dal coro “Vôs de mont”, sabato primo giugno nella chiesa arcipretale di Tricesimo.
Il direttore Marco Maiero ha voluto presentarci l’ultimo disco con i suoi nuovissimi canti, disco inserito in una elegante custodia illustrata da uno splendido mazzo di fiori, opera del pittore Gianni Borta. Il tempio sembrava aggredito dai tanti appassionati del canto corale, estimatori del maestro Maiero, convenuti qui da varie città d’Italia e dall’estero.
Una signora, dopo i primi canti, mi ha detto che era valsa la pena di fare sei ore di macchina per sentire una tale meraviglia: veniva da Lugano.
E una brigata era arrivata dall’Emilia, persone dalla Toscana e dal Veneto senza dire dei tanti friulani.
L’inizio del concerto è stato uno scoppio. Il gioco armonico dei nuovi canti del maestro si è scaltrito, alle volte crudele, ferrigno, da rasentare lo scandalo, ma con effetti liberatori che sollevano lo spirito fino alle volte del tempio, pronto a rimandare sulla platea un’onda di cristiana conciliazione.
Maiero per scusarsi – ma di che? – si è dichiarato dilettante assieme ai cantori, dei semplici amatori del canto. Anche Hans Sachs, nella Norimberga del Cinquecento, era un dilettante, poiché di mestiere faceva il calzolaio. Ma da quella cattedrale il suo nome uscì come musicista maestro cantore e finì nella storia della musica e nei drammi di Goethe e di Wagner.
Qualcuno ha detto che viviamo troppo poco per non essere che dei dilettanti. Diplomatosi alle magistrali Caterina Percoto, senza vocazione per l’insegnamento, Marco Maiero mi chiese di prepararlo all’esame di ammissione al Conservatorio, dove venne promosso al terzo corso di tromba.
Terminati gli studi strumentali, s’innamorò del canto corale e, con una tenacia irremovibile, arruolò una trentina di cantori, li istruì, rivelò loro questo splendido esito del quale essi vanno fieri.
Se è vero quello che ha detto Leonardo da Vinci: «Infelice l’allievo che non supera il maestro», Marco oggi è obbligato a essere felicissimo.
L’altra sera ci sono state quasi due ore di musica da intenerire e scuotere le pietre del tempio. Ma alla fine del concerto l’applauso è durato oltre dieci minuti, un tributo sonoro di stima per un ragazzo che ha ancora molta strada davanti a sè.
Alan Brusini
Tricesimo
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