L’americano di Udine: «Gli Usa ci promuovono con voti alti, possiamo competere nel mondo»

«Il turismo come lo conoscevamo una volta non esiste più. Le persone oggi vogliono spostarsi da un luogo all’altro, vivere esperienze, sperimentare». Marco Tonazzi, udinese di nascita, americano d’adozione, è un profondo conoscitore del mondo dello sci, prima per aver solcato le piste di Coppa del Mondo da atleta, poi per aver scelto di promuovere il Friuli in Colorado, accompagnando ai piedi delle Giulie decine di turisti Usa.
Partiamo da snowpass.com. Conoscevi questo portale?
«No, non sapevo dell’esistenza di questo sito. Però conosco bene la formula che propone. La tendenza di unire sotto un unico skipass stagionale stazioni geograficamente distanti, credo sia nata proprio nella mia seconda casa, a Vail. Una decina di anni fa è stato lanciato Epic Pass, primo esempio di unione tra località sciistiche diverse, tutte, però, proprietà di un unico soggetto».
Come si dice, non c’è nulla da inventare, basta saper copiare bene.
«Non solo copiare bene, ma adattare la proposta alla tua realtà. In Usa le stazioni sciistiche unite tra loro erano di un certo richiamo. In questo sito, invece, non ho trovato un nome capace di fare da traino. Forse i nostri poli sono quelli più importanti. Ho girato mezzo mondo sugli sci e ammetto che molte delle località segnalate non le conosco».
Però consideri la proposta interessante?
«Senza dubbio, e sono curioso di vedere che risultati potrà dare. Dopo Vail anche Aspen ha seguito la stessa strada, sia con stazioni di proprietà sia con quelle in partnership. Un’idea che all’inizio è stata considerata avveniristica, ma che ha dato i suoi frutti».
In che modo?
«Innanzitutto economico, perché la prevendita degli skipass stagionali consente alle stazioni d’incassare prima di aprire gli impianti, finanziando l’innevamento artificiale. Poi si dà impulso a un turismo di destinazione a scapito di quello mordi e fuggi».
Un sistema replicabile anche in Europa?
«Con questa tipologia di skipass i frequentatori di una località hanno modo di conoscere e visitare anche gli altri luoghi inseriti nell’offerta, che magari non avrebbero mai scoperto o raggiunto. Il modo di fare turismo è cambiato. Da ragazzi passavamo gli inverni sulla pista del Lussari. Oggi chi arriva in Valcanale cerca un’esperienza di ampio respiro, meglio se internazionale. Dobbiamo imparare a “nutrirci” dei turisti delle altre località: loro verranno da noi, noi andremo da loro. Sarà sempre più uno scambio di esperienze sugli sci».
In questa visione 2.0 del turismo, che ruolo hanno i poli del Fvg?
«Il nostro patrimonio è di valore assoluto. Non abbiamo una grande estensione di piste, ma in Fvg ci sono caratteristiche uniche che ci rendono una destinazione appetibile. Penso alla conformazione delle montagne, all’ambiente, alla cultura, al cibo».
Caratteristiche che cerchi di far conoscere in Usa.
«Dal 2014, ogni anno, porto gruppi di sciatori in Valcanale, tra Tarvisio e Sella Nevea, per vivere una vacanza sugli sci nella nostra regione. Devo ammettere che su una scala da 1 a 10, per il tipo di esperienza, il voto è sempre 10 più. Per il nostro territorio, gli Stati Uniti possono essere un serbatoio importante da cui attingere, dove siamo ancora poco conosciuti rispetto ad altre località invernali d’Italia».
Quali possono essere i nostri valori aggiunti rispetto alla concorrenza?
«Sicuramente il nostro paesaggio e il nostro ambiente, oltre al fatto che da noi non c’è il sovraffollamento che si trova in altre stazioni sciistiche».
Il futuro dello sci è puntare sullo skipass stagionale?
«Direi di sì. Lo stagionale porta una crescita di presenze e dell’indotto. Oltre oceano l’hanno capito da tempo». —
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