L'amore per i nonni, il paese che lo adora, fisico da campione e pure folletto per Natale: 7 cose che non sapevamo su Milan

BUJA. Partiamo da un armadio. E da uno skate, quelli di moda tra i ragazzini, che poco hanno a che fare con le fatiche della bici, per cercare di raccontare il campione olimpico Jonathan Milan, a vent’anni da Ursinins Grande al tetto del mondo, record compreso.
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Sì, perché nel suo armadio quel ragazzone di 1.94, 46 come numero di scarpe e 84-85 kg di peso ha, riposto in buon ordine, tutto ciò che serve per andare in montagna. A camminare. Recentemente si è comprato una tenda equipaggiata, zaini, abbigliamento specializzato. Adora la montagna Johnny, passione sbocciata probabilmente durante le vacanze passate con la famiglia sin da piccolo a Camporosso, e, quando può, là si rifugia. Il massimo per lui? Camminare nei boschi, stare all’aria aperta e dormire sotto una tenda. Forse, in questa coda dell’estate, gare permettendo, qualcosa del genere farà. Di sicuro troverà pochi compagni d’avventura, perché il ragazzo pare cammini veloce anche in montagna, più o meno come al velodromo.
I VIDEO-RACCONTI DA BUJA
E siamo allo skate. Ci va ancora, niente acrobazie per carità, ma lo utilizza come mezzo di trasporto. Non è raro vederlo a Buja con l’attrezzo, fino a due anni e mezzo fa accadeva più spesso. In bici da bimbo, sulle orme di papà Flavio, gloria prima della Buiese e poi del Caneva tra i dilettanti, che per Johnny e l’altro figlio Matteo insieme all’amico Marco Zontone ha pure fondato la seconda squadra ciclistica di buja, la Jam’s Bike. Sì, perché qui accade anche questo: di solito una squadra prende il nome in onore di un campione olimpico, qui si sono portati avanti quindici anni fa.
Johnny ha numeri. Il padre, annotate, non pare uno di quelli che se il figlio non segue le sue orme si offende, basta che faccia sport, studi e sia un bravo ragazzo insomma. Va a correre tre anni alla Sacilese, sa di esser forte e si accontenta forse del minimo sindacale. Preferisce spesso lo skate. Studia con profitto al Civiform di Cividale da tecnico grafico, quando può dà una mano nell’azienda di famiglia di tendaggi e tessuti, ma fino a 18 anni chi ieri ha riscritto la storia del ciclismo italiano ed è entrato nella leggenda di quello friulano è un ragazzo come tanti.
Pochi credono nel “Milan 2” ciclista. Il Cycling Team Friuli lo fa. Se ne intende: Alessandro De Marchi, altro buiese, è uscito da lì anche se pochi credevano in lui. Matteo Fabbro, Nicola Venchiarutti, Giovanni Aleotti pure. «Due allenamenti», garantisce l’allenatore di Johnny Andrea Fusaz, e abbiamo capito di avere per le mani un motore da far paura.
Roberto Bressan e Renzo Boscolo, altro nome importante in questa storia, ora hanno una missione: far capire al ragazzo che con la fatica in allenamento si può andare più lontano con i mezzi che ha. Non bastano due allenamenti alla settimana e una gara per puntare davvero in alto.
Un giorno lo “sorprendono” a Buja con lo skate, come un ragazzino qualsiasi non come un prospetto da Olimpiadi. Accadeva tre anni fa. Solo 36 mesi fa. Poi è arrivata la svolta. Che si chiama convinzione, obiettivi da centrare, mentalità.
Madre natura, del resto, ha già apparecchiato tutto: Milan sprigiona 450 watt di potenza alla soglia, qualcosa in meno di Filippo Ganna, pare, di cui ha numeri migliori di quanti ne avesse il quattro volte iridato nell’inseguimento e iridato a crono su strada alla sua età. In sintesi, per farlo capire ai non addetti ai lavori: più o meno intorno ai 45 chilometri all’ora in pianura Jonathan comincia vagamente a sentire la fatica. Ecco perché sopporta quelle mostruose accelerate da settanta all’ora nei velodromi. Quando il ragazzo ha capito che la stanchezza dopo gli allenamenti era tutta benzina per il futuro bastava solo trovare un’occasione. “Houston abbiamo un problema”, hanno detto dal Team Friuli al ct della pista Marco Villa. Qui abbiamo un motore per te, è grezzo, ma se ci lavori sù...
Era la fine del 2019. Il resto è storia. Mondiali di Berlino, ingresso nel quartetto con bronzo, quarto posto nell’individuale, ultimo anno da protagonista (titolo italiano a crono e una tappa del Giro d’Italia under 23) col Team Friuli, Europei in pista (senza Ganna) con medaglie a raffica e passaggio tra i pro con il team Pro Tour, Bahrain Victorious con la garanzia di essere seguito sempre dal CTF Lab, centro di allenamento d’avanguardia del Team Friuli, con coach Fusaz e di non essere “spremuto” per Tokyo da neopro.
Lui? Si fa ben volere da tutti e resta diretto, no direttissimo quando ti deve dire qualcosa. Insomma, se ha un problema, non si fa problemi a parlarne. In casa aiuta, sprona il fratello più piccolo Matteo anch’egli ciclista, quanto torna dalle trasferte porta sempre una tazza in regalo (la collezione comincia ad allungarsi). E una telefonata o una visita ai quattro nonni non manca mai. «È affettuoso, meravigliosamente affettuoso», dice nonna Marcella.
Alimentazione? Pizza fatta in casa, pasta e lasagne: mamma Elena è avvisata per il rientro. Quando riempirà di coccole il cane Scooby. Affari di cuore? Qualcosa c’è, ma lasciamo che ci pensi lui a parlarne se lo vorrà, il ragazzone con l’oro al collo sa come si fa a essere riservati.
Ah, tra un allenamento e l’altro, una trasferta per le gare, e i massacranti viaggi a Montichiari, dove in Italia c’è l’unico velodromo coperto (altro che potenza del ciclismo), per allenamenti fiume, Johnny trova pure il tempo per dare una mano al paese. A Natale serviva uno alto per appendere gli addobbi sull’abete fuori dalla chiesa ed è spuntato lui per la felicità di don Scubla, serviva un folletto per la festa dei bambini in parrocchia ed eccolo ancora. Resta così campione, facci un favore dai...
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