L'appello: contro i pazienti violenti necessarie pene più severe

Oggi si procede d’ufficio nei confronti degli aggressori solo se la vittima ha lesioni gravi. Dalla Regione Fvg la proposta del deputato Novelli

CASARSA. Dare un supporto ai medici è un primo passo, ma, come hanno detto tutti i relatori, non può essere la solizione. «Quello che aspettiamo è una legge chiara. Perché un medico di continuità assistenziale è un pubblico ufficiale. Ma in caso di aggressione nei suoi confronti si procede d’ufficio solo se questa causa lesioni gravissime. Invece serve l’aggravante».

A scandirlo, senza giri di parole, è stata Tommasa Maio, segretario nazionale della federazione dei medici (Fimmg) del settore di continuità assistenziale.

«Per molto tempo non abbiamo parlato di queste violenze – ha spiegato – per paura che potessero generare casi di emulazione e forse abbiamo sbagliato. Purtroppo non esiste un medico che non abbia un episodio di aggressione o minaccia – anche queste da non sottovalutare – da raccontare».

Dopo un episodio particolarmente grave, scattò da parte della federazione la richiesta di segnalare i cari: «In 8 giorni ne arrivarono 440». Il deputato Roberto Novelli ha spiegato di aver presentato una proposta di legge che punta proprio a introdurre l’aggravante per chi aggredisce personale sanitario.

Come ha raccontato poi Guido Marinoni (del comitato centrale della federazione nazionale dell’ordine dei medici chirurghi e odontoiatri), in Italia ci sono 159 mila donne medico I e 11 mila odontoiatre e la maggioranza ha meno di 50 anni. Donne sono anche la maggioranza dei laureati.

Se è vero che il 70 per cento delle aggressioni ha interessato le donne, «è anche vero che anche gli uomini non sono esenti. Più del 50 per cento dei medici ospedalieri e più dell’80 per cento dei medici medicina generale ha subito un’ aggressione.

Abbiamo chiesto la costituzionale di un osservatorio nazionale sul tema. Va anche detto che la diminuzione dei medici aumenta la conflittualità, perché c’è meno tempi per l’ascolto dei pazienti».

Se gli ordini dei medici pensano di lanciare una raccolta firme per coinvolgere nel problema la società civile, vi è la anche la consapevolezza che «bisogna ricostruire i rapporti con la base sociale più forti – ha rilanciato Marinoni –. I medici devono rifondare la professione ripartendo dall’ascolto».

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